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15.000 euro ai diciottenni per ridurre le disuguaglianze


Deve esistere una dotazione di capitale (eredità minima) assegnata a tutti all’ingresso nell’età adulta”. Anthony Atkinson, economista.

Questa è solo una delle proposte di Anthony Atkinson, studioso di punta della disuguaglianza a Oxford, che nel suo ultimo libro Disuguaglianza. Che cosa si può fare?, ha illustrato diverse misure concrete per provare a ridurre le disuguaglianze, partendo dall’azione dei governi, dagli investimenti pubblici, fino alle politiche per l’innovazione e a quelle redistributive di reddito e ricchezza.

A prendere sul serio queste proposte è stato il Forum Disuguaglianze Diversità (ForumDD), di cui fanno parte otto organizzazioni, ricercatori e docenti universitari, impegnati nello studio della disuguaglianza. “L’idea di fondo è che oggi di disuguaglianze si parla moltissimo ma molto spesso se ne parla in modo un po’ troppo superficiale. Nel senso che da un lato non tutte le disuguaglianze sono inaccettabili e quindi è necessario distinguere tra quelle che creano problemi per la giustizia sociale e quelle che non li creano. Dall’altro lato non basta occuparsi di disuguaglianze in senso astratto, quindi dobbiamo occuparci di politiche che possano ridurle”, spiega a Senti chi parla Elena Granaglia, docente di Scienza delle Finanze all’Università Roma3 e membro del Comitato promotore del Forum.

Nonostante si pensi che quello delle disuguaglianze sia un problema poco italiano, dal 1995 al 2016 l’1 per cento più ricco ha visto crescere la quota detenuta di ricchezza dal 18 per cento al 25 per cento  arrivando ad avere circa un quarto della ricchezza netta del Paese. Al contrario, il 90 per cento più povero degli italiani detiene solo il 38 per cento della ricchezza nazionale. Così, anche il Forum ha lanciato 15 proposte per ridurre le disuguaglianze e la quindicesima, forse una delle più particolari, riguarda i giovani e il loro futuro. Tra il 1926 e il 2016, infatti, la percentuale della popolazione sotto ai 24 anni si è dimezzata, arrivando a contare sei milioni di giovani in meno in l’Italia. Appare, inoltre, che le nuove generazioni non sono solo meno rilevanti demograficamente, ma anche sempre più marginali da un punto di vista economico faticando a compiere i passi necessari per una transizione verso la vita adulta: nel 2015 l’Istat ha mostrato che il 70 per cento dei giovani e il 55 per cento delle giovani di età compresa tra i 25 e i 29 anni viveva ancora in famiglia e che il tasso di disoccupazione fra i 15 e i 24 anni è più che raddoppiato a partire dalla recente crisi del 2007.

Pensiamo di erogare a tutti i ragazzi che diventano maggiorenni nel nostro paese una quota di 15.000 euro.

Anche chi ha un lavoro, rispetto alle generazioni precedenti, spesso riceve salari più bassi e va incontro a carriere più instabili, precarie e discontinue, ritrovandosi a dipendere per buona parte della vita dalla ricchezza accumulata dai propri genitori. “Per questo noi vogliamo unire a un’imposta sulle successioni e sulle donazioni un’eredità universale disponibile a tutti i giovani nel passaggio dell’età adulta. In particolare, pensiamo di erogare a tutti i ragazzi che diventano maggiorenni nel nostro paese una quota di 15.000 euro”, afferma la Granaglia.

Per imposta sulle successioni e sulle donazioni, che sarebbe necessaria per recuperare i fondi da investire nei giovani, si intende un’imposta sui vantaggi ricevuti che deve essere pagata da chi riceve un’eredità o un dono durante tutto l’arco della vita. La proposta del Forum prevede una soglia di esenzione di 500.000 euro (al di sotto della quale, quindi, non si pagherebbe nessuna imposta), un’aliquota del 5 per cento dai 500.000 euro a un milione, del 25 per cento fino a 5 milioni e del 50 per cento per le cifre superiori. “È un’imposta che è stata al cuore del pensiero liberale, per molti anni condivisa e attuata in molti paesi europei e non europei: pensiamo a Teddy Roosevelt che già nello scorso secolo la vedeva come un’importante imposta contro lo sfruttamento”, ricorda Elena Granaglia.

Nonostante sembri chiaro, quindi, che l’obiettivo principale non sia “tassare per tassare”, ma ridurre il regime di favore sulle risorse ereditate o ricevute in dono, e che quindi hanno poche giustificazioni di merito, c’è ancora chi la contesta fermamente. “In questo caso rispondiamo come John Stuart Mill quando si pose il problema nell’800, rispondendo che chi difende la tassa sulle successioni sa benissimo che i genitori hanno il diritto a lasciare qualcosa ai propri figli. Ma il problema qual è? Il problema è quando il diritto legittimo dei genitori di lasciare qualcosa ai propri figli cozza contro l’uguaglianza di opportunità per tutti. Quello che conta, dunque, è garantire al genitore di lasciare ai propri figli quanto è necessario per poter vivere una vita decente”.

Avere una misura universale che va a tutti, ricchi e poveri, ci sembra particolarmente utile.

Un’eredità universale, dunque, per tutti i giovani diciottenni, spendibile in modo non condizionato. Lo scopo della misura è infatti di accrescere la libertà dei giovani nel momento del passaggio all’età adulta: la libertà di avere un’istruzione non vincolata al luogo di vita dei genitori, di tentare con altri un progetto imprenditoriale, di conoscere il mondo imparando lingue e culture nell’unico modo possibile. “Questo tipo di proposta va contro il senso comune”, continua Granaglia, “perché noi pensiamo a un’eredità che va in modo incondizionato a tutti i giovani. Nel nostro Paese riecheggiano spesso le parole di Don Milani che ci diceva di non fare parti uguali tra i disuguali, e tanti ci hanno rimproverati di fare leva su una proposta che invece vuol dare a tutti la stessa somma, ma noi pensiamo che l’universalismo abbia anche dei vantaggi”. Nonostante i 15.000 euro, infatti, vadano a tutti i giovani, essendo finanziata sulla base della tassazione sull’eredità e altre imposte, l’effetto complessivo sarà redistributivo poiché il finanziamento è a carico delle persone che più hanno.

Mettere una soglia, inoltre, sarebbe stato difficile: “La selettività è inevitabilmente arbitraria perché se faccio un trasferimento selettivo ho sempre bisogno di una soglia che includa alcuni ed escluda altri. In più, in questo periodo, e in particolare nel nostro paese, le tendenze alla disgregazione sociale e alla messa in discussione della coesione sono abbastanza forti. Avere una misura universale che va a tutti, ricchi e poveri, ci sembra particolarmente utile”.

E a chi chiede perché abbiano scelto una proposta di reddito invece che di servizi, il Forum risponde che avere un po’ di ricchezza è anch’esso un elemento importante ai fini dell’uguaglianza di opportunità: non si è costretti a prendere il primo lavoro, ad esempio, ma si può aspettare di trovarne uno più consono alle proprie capacità. “Voler dare una misura incondizionata non vuole dire abbandonare i giovani al proprio destino”, conclude Elena Granaglia. “Noi sappiamo che ci sono ragazzi che hanno meno strumenti formativi per poter scegliere e quindi siamo assolutamente d’accordo nell’unire questa misura a strumenti di sostegno per come impiegare questi soldi. Alla fine, però, la scelta resta unicamente dei ragazzi”. Resta da vedere, quindi, cosa farebbe ognuno di loro con l’eredità universale ricevuta.