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Divario di genere: una legge per infrangere il tetto di cristallo dell’iniquità salariale


Quella del tetto di cristallo è una metafora tagliente ed efficace per parlare di divario di genere. Deriva dalla combinazione di due termini inglesi glass (vetro) e ceiling (soffitto) e sta ad indicare l’insieme di barriere culturali, sociali e psicologiche, apparentemente invisibili, che rappresentano, però, ostacoli reali al raggiungimento della parità dei diritti e alla realizzazione professionale in categorie di persone storicamente soggette a discriminazioni. Tra queste le donne. Sono barriere reali nella misura in cui generano iniquità sociali, spreco di risorse umane, risvolti economici negativi.

La pandemia di covid-19 non ha aiutato minimamente a colmare il divario, penalizzando fortemente il mercato del lavoro femminile, più di quello maschile. E, stando al Global gender gap report del World economic forum, il tempo atteso per ridurre le distanze si prolunga di una generazione: “L’impatto della pandemia continua a farsi sentire e il tempo necessario per chiudere il divario di genere globale è aumentato di una generazione, passando da 99,5 anni a 135,6 anni”. Il nostro Paese al riguardo non se la cava benissimo, servirebbero passi da gigante per rimanere in pari rispetto agli altri Paesi del mondo, in particolare quelli più virtuosi del nord Europa. Secondo il Rapporto, infatti, il divario che separa le donne dagli uomini nel lavoro è sempre più evidente in Italia e, se continuiamo così, per colmare il gap salariale saranno necessari più di due secoli (267,6 anni).

“L’impatto della pandemia continua a farsi sentire e il tempo necessario per chiudere il divario di genere globale è aumentato di una generazione”

Oggi più che mai, quindi, è importante agire subito per cambiare la situazione e invertire la rotta, per un’equità di accesso alle opportunità professionali che non rappresenta solo un vantaggio per le donne, ma è un vantaggio per le imprese e per il sistema economico. Basti pensare che investire concretamente verso una parità di genere, comporta, nei Paesi che lo fanno, una crescita del Pil e nelle imprese che la applicano una maggiore capacità di essere competitive.

Divario di genere e tetti di cristallo in oncologia
I numeri sono importanti per quantificare un fenomeno. Per capirlo proviamo a entrare nel contesto della medicina e dell’oncologia, assieme a Rossana Berardi, oncologa e presidente di Women for Oncology Italy, un network a sostegno delle professioniste dell’oncologia italiana istituito 5 anni fa come spin-off della Società europea di oncologia medica (Esmo) che si è sempre battuta per garantire un mondo del lavoro più equo e senza distinzioni di genere tra uomini e donne.

Nonostante sette professionisti sanitari su dieci siano donne, non c’è giustizia nelle retribuzioni e nell’accesso ai ruoli guida nel sistema sanitario (in questo articolo il focus è sulla aggiornamento dei medici donna, ma ci sono un sacco di numeri interessanti). Ma quali sono i tetti di cristallo con cui una donna si confronta nella sua professione di oncologa? “Per quanto riguarda l’oncologia, nonostante la maggior parte dei medici siano donne, si assiste a un gender gap che si declina in modalità che vanno al di là delle paghe salariali”, spiega Rossana Berardi a Senti chi parla. E prende le forme di tutti i tetti di cristallo con cui un’oncologa oggi si deve confrontare nel suo percorso professionale: “Sicuramente una di queste è l’incapacità di conciliare tempi di vita personale e tempi di lavoro, facendo scattare quella ‘sindrome di Hermione’ tale per cui non facciamo il passo avanti. Non lo facciamo neanche quando siamo preparate, ma non ci sentiamo perfette”, aggiunge. “Un altro tetto di cristallo è uno stereotipo ancora esistente, ovvero il vedere le donne poco adatte a fare il capo. Altri stereotipi di cristallo sono l’incapacità di fare lobby e di fare network e questo compromette le progressioni di carriera, le capacità di leadership, le capacità di crescere dal punto di vista professionale. Questo si traduce in alcuni casi in una diversità non solo negli incarichi ma anche nella capacità salariale, nella possibilità di avere un pay gap oltre al gender gap”. Questa sottorappresentanza delle donne nei ruoli dirigenziali è una problematica trasversale e comune che non riguarda solo l’oncologia e il mondo della medicina, ma anche il mondo accademico e quello imprenditoriale in generale. Per colmare il divario di genere è necessario fare rete e affrontare trasversalmente le criticità che finiscono per essere le stesse nei diversi ambiti professionali e lavorativi di una donna.

“Un altro tetto di cristallo è uno stereotipo ancora esistente, ovvero il vedere le donne poco adatte a fare il capo”

Estremamente attuale è la dichiarazione di pochi giorni fa di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, che nell’impegnarsi affinché quella sulle quote nei consigli di amministrazione diventi una legge europea ha dichiarato su Twitter: “Troppo spesso, quando si guarda alle posizioni di vertice, gli uomini dicono che è difficile trovare donne con il profilo giusto. Bene, se le cercate seriamente, le troverete. È ora di rompere il tetto di cristallo. Spingerò per garantire che la nostra proposta sulle donne nei consigli di amministrazione diventi legge dell’Ue”.

Legge sulla parità salariale: un punto di partenza per superare il divario di genere
Il 3 dicembre 2021 in Italia è entrata in vigore la nuova legge sulla parità salariale. Un grande traguardo che le lavoratrici aspettavano da tempo, in favore del quale Women for Oncology Italy si è sempre battuta, per garantire un mondo del lavoro più equo e senza distinzioni di genere tra uomini e donne. Di questo si è parlato in occasione del webinar “Parliamo di Gender Gap – La nuova legge sulla parità salariale”, realizzato e voluto da Women for Oncology Italy e Mondosanità.

“Abbiamo deciso di intervenire con una norma per correggere le distorsioni delle norme precedenti che non funzionavano”

“Abbiamo deciso di intervenire con una norma per correggere le distorsioni delle norme precedenti che non funzionavano e su cui non avevamo nemmeno dei riscontri oggettivi; nel senso che i dati a nostra disposizione sono tutti datati, arrivano da studi internazionali e non vedono in modo positivo non solo la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, ma anche una impossibilità delle donne di avanzare in termini di opportunità di carriera”, ci spiega Chiara Gribaudo, parlamentare e relatrice della legge nazionale sulla parità salariale. Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 275 del 18 novembre ed entrata in vigore il 3 dicembre, la legge 5 novembre 2021 n. 162 – Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo – è una novità. Si va dalla certificazione per le aziende in regola alla maggiore trasparenza dei dati, grazie a un report obbligatorio per le aziende con più di cinquanta dipendenti, fino agli sgravi fiscali e all’ampliamento del concetto di discriminazione diretta e indiretta.

Vengono così introdotte per le aziende una serie di novità, tra queste un report biennale – obbligatorio per quelle sopra i cinquanta dipendenti, facoltativo per le altre – per attestare le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre i divari su opportunità di crescita, parità salariale a parità di mansioni, gestione delle differenze di genere e tutela della maternità. I dati raccolti saranno consultabili in maniera del tutto trasparente da lavoratori, sindacati, ispettori del lavoro e consiglieri di parità, e le imprese che la avranno otterranno uno sconto dell’1% (fino a 50mila euro all’anno) sui contributi da versare. “Le donne sono quelle che si laureano prima e più degli uomini, sono più istruite, formate e qualificate ma paradossalmente fanno fatica ad arrivare a livelli apicali o a crescere nel proprio percorso di carriera – continua Gribaudo – evidentemente c’è qualcosa che non va”. Per questo servono più strumenti, non ultimo una legge sulla parità salariale. “Serve riuscire intaccare una cultura patriarcale del lavoro diffusa nella società del nostro Paese, non solo negli stereotipi di genere, ma diffusamente anche nella cultura del mercato del lavoro”.

“Le donne sono quelle che si laureano prima e più degli uomini, sono più istruite, formate e qualificate ma paradossalmente fanno fatica ad arrivare a livelli apicali”

È importante intervenire a più livelli precisa l’onorevole, ad esempio rendendo diffuso il part-time di coppia, affinché si riesca a passare da un’idea di conciliazione vita lavoro che è stata sempre solo a carico delle donne a un’idea di condivisione genitoriale, in cui le persone sono due. “Così come bisogna favorire la crescita o lo studio delle materie STEM, per favorire effettivamente l’opportunità fin dai banchi di scuola di avere degli strumenti che consentano alle bambine, alle future donne di domani, di poter avere gli strumenti per non ricadere in professioni che vengono considerate solo al femminile. Abbiamo bisogno che fin dai banchi di scuola si innesti questa cultura di genere”, continua Gribaudo. Ognuno deve fare la sua parte. “Non è un caso che la nostra Costituzione non consideri il lavoro del legislatore come il lavoro definitivo, noi siamo una Repubblica che parla dell’abbattimento delle disuguaglianze e diversità”. Per farlo serve che ciascuno faccia la sua parte. “Bisogna mettere in campo una serie di azioni e bisogna fare in modo che sul territorio del nostro Paese da nord a sud si risponda a queste esigenze con l’attenzione di genere, altrimenti il Paese non ripartirà veramente perché se non c’è uguaglianza non c’è vera ripresa”. “Ogni passo avanti in questa direzione un domani tutela tutti. Anche nel momento in cui si dovessero ribaltare le posizioni”, aggiunge Berardi. “Il punto è che oggi non c’è parità e quindi quello che oggi è un deficit per le donne, domani potrebbe esserlo per l’altro genere. È giusto pertanto mantenere sempre dei livelli di equità che riconoscano il merito e non il genere: tutti devono poter aver delle opportunità, si tratta di valorizzare tutti e di fare in modo che possano crescere donne, uomini, giovani e meno giovani, insomma le persone che hanno merito, per impegno e capacità”.


Superare il divario di genere: una survey

Con l’obiettivo di rendere il lavoro più amico e di garantire un equo accesso alla crescita professionale Women for Oncology Italy e Mondosanità promuovono una survey per comprendere aree di miglioramento e iniziative concrete da proporre alle istituzioni per superare il gender gap. La survey è aperta a tutti, quindi donne, uomini e professionisti di qualsiasi genere, per capire se la volontà di perseguire una parità e un equo accesso alle posizioni, alla crescita professionale, possa trovare degli strumenti ulteriori da poter proporre non soltanto in ambito sanitario e accademico, ma più in generale in ambito lavorativo, che possano affiancare quello che già stanno facendo a livello istituzionale molti politici con le leggi vigenti. Partecipa alla survey.