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L’impatto della pandemia sul mondo della musica, tra concerti annullati e strade deserte


“Il messaggio è chiaro e tondo, | Resta a casa, salva il mondo. | Questo scemo dice «no, no» | Fino a che gli muore il nonno” (Emis Killa, “Covid freestyle”)

Il 12 marzo del 2020 inizia a spopolare sul web il fenomeno del “Covid freestyle”, una sfida tra gli artisti di musica rap italiana che improvvisavano un testo in rima riguardante l’emergenza sanitaria in corso. Il noto rapper Emis Killa è colui il quale ha dato il via a questa iniziativa, poi trasformatasi in una catena di sfide che ci ha permesso di scoprire un’ampia varietà di stili (hanno partecipato pesi massimi come Lazza, Shade, Nayt, En?gma e molti altri) e, soprattutto, di comprendere le diverse reazioni dei protagonisti del mondo della musica allo stop degli spettacoli dal vivo.

Una norma, questa, prevista già dalle prime ordinanze prodotte in risposta all’emergenza Covid-19 e poi sospesa nel corso dell’estate 2020. In seguito sono state però adottate altre norme di sicurezza, tra cui ad esempio quelle presentate il 26 ottobre del 2020 dall’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, valevoli in teoria fino al 26 novembre. A causa del carattere estremamente diffusivo del virus, tuttavia, le date delle riaperture sono state poi progressivamente posticipate tra dicembre 2020 e gennaio 2021 e poi nuovamente fino ad aprile del 2021. Alla fine le prime vere riaperture dei concerti risalgono al mese di giugno 2021, anche se con alcune limitazioni di capienza. Un percorso travagliato che ha portato molti artisti a riflettere sulla situazione sanitaria mondiale e sugli effetti per la loro carriera e il mondo della musica in generale. “Non avevo idea della portata della situazione – ci spiega Laila Al Habash, giovane cantante italo-palestinese che ha da poco pubblicato il suo nuovo album “Mystic Motel”, grazie al quale sta riscuotendo molto successo – pensavo fosse una cosa temporanea”.

Le difficoltà legate all’emergenza covid-19 sono state solo l’ennesima sfida di un settore già trascurato

Ma cosa si poteva fare, una volta capito che l’emergenza sarebbe perdurata? Come si poteva far sentire la propria voce in un tale contesto? Questi gli interrogativi che tormentavano i lavoratori del settore. Molti ad esempio hanno partecipato a una manifestazione pacifica in piazza del Duomo a Milano e successivamente anche a piazza del Popolo a Roma, durante la quale sono stati allestiti ben cinquecento bauli per portare avanti le istanze dei molti lavoratori dello spettacolo rimasti all’improvviso senza un’occupazione. “È stata una battaglia sacrosanta, che abbiamo sposato proprio per stimolare il governo e chi di dovere a tenere in considerazione il nostro settore, che è stato dimenticato, tralasciato e travisato”, sottolinea Nicola Romano, CEO di DNA Concerti, agenzia impegnata nell’organizzazione di eventi musicali dal vivo, secondo cui le difficoltà legate all’emergenza covid-19 sono state solo l’ennesima sfida di un settore già trascurato da anni dalla politica. Una sensazione di abbandono che nel corso della pandemia ha prodotto, da parte degli artisti, una duplice reazione: c’è stato chi, in conformità con le leggi, ha rispettato il divieto di esibirsi, e chi invece è andato contro al decreto, non pensando alle possibili conseguenze che un atteggiamento del genere potrebbe aver avuto per l’intero settore. “È un agire in una zona d’ombra – aggiunge Leila Al Habash – e, come diceva Pasolini, nelle zone d’ombra nascono i mostri”.

La pandemia di covid-19 ha avuto un impatto su tutti i lavoratori del mondo dello spettacolo, dalle star ai tecnici del suono, ai PR e ai truccatori. Anche, ad esempio, sul lavoro degli artisti di strada, ritrovatisi da un momento all’altro a dover rispettare nuove e complicate regole per poter suonare qualche ora al giorno in vie comunque spesso deserte. La speranza è ovviamente che si possa tornare quanto prima alla normalità, anche se, come conclude Laila Al Habash, “uno strascico di questa pandemia ce lo porteremo dietro per sempre”. Al momento tuttavia guardiamo al futuro con positività, sperando che il settore della musica – da sempre alla base della nostra cultura – si riprenda e torni presto più rigoglioso di prima.

Questo articolo lo hanno scritto Gabriel Brugiotti e Beatrice Poggi