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Salute senza frontiere


Covid-19 ci aveva illuso che la salute fosse importante per l’agenda politica. Non è così secondo Andrea Capocci, giornalista del manifesto. Aprendo l’incontro sulla salute delle persone migranti che si è svolto il 6 giugno 2023 in via Bixio, strada pedonale di fronte alla scuola Di Donato a Roma, Capocci raccomanda ai molti cittadini dell’Esquilino presenti di non rassegnarsi di fronte all’evidenza delle difficoltà, perché è sempre possibile cambiare le cose che non funzionano.

Le cattive notizie le conoscono tutti i presenti, a partire da quella forse più importante: i migranti senza permesso di soggiorno non hanno assistenza sanitaria gratuita. Ma Elisa Gullino, direttrice del distretto della Asl Roma 1, spiega che bambini e adolescenti figli di stranieri temporaneamente presenti (Stp) hanno invece l’obbligo di iscrizione al servizio sanitario regionale a prescindere dal possesso del permesso di soggiorno (minori Stp). Come spiega il sito della Azienda sanitaria, parliamo dei figli minori di genitori precedentemente in possesso di regolare permesso di soggiorno per i quali non è stato concesso il rinnovo, oppure dei minori nati in Italia da genitori non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno, ai quali all’atto della registrazione anagrafica viene rilasciato il codice fiscale dalle autorità competenti.

La Asl è costantemente impegnata a rimodulare i propri servizi per non far mancare l’assistenza, anche a chi non abbia residenza o permesso di soggiorno, spiega Gullino. Peraltro, gli ambulatori Stp possono far ottenere sia prestazioni diagnostiche sia visite specialistiche urgenti. La direttrice di distretto ha parlato in modo molto diretto alle persone presenti, facendo presente che nonostante la Asl Roma 1 sia una di quelle più popolate d’Italia (oltre un milione di persone al censimento 2017 di cui 150 mila immigrati) “chiunque abbia problemi può chiedere di me, dal momento che sono pagata per essere al servizio dei cittadini: l’accoglienza è il primo diritto dei cittadini e il primo dovere degli amministratori”.

I migranti senza permesso di soggiorno non hanno assistenza sanitaria gratuita

Disegnando la propria strategia di approccio al problema della salute dei cittadini stranieri migranti, la Asl Roma 1 ha voluto da una parte riconoscere e proteggere un diritto fondamentale della persona, ma dall’altra promuovere l’appropriatezza clinica e ridurre gli accessi ai pronto soccorso filtrando per quanto possibile la domanda di assistenza e di cura. Giancarlo Santone è il direttore del centro per la Salute dei migranti forzati (Samifo), una struttura sanitaria a valenza regionale che è diventata ormai un punto di riferimento per enti e organizzazioni che operano per la tutela di queste popolazioni “speciali e fragili” (qui è possibile vedere alcune statistiche interessanti sull’attività del Centro). Intervenendo all’incontro, ha sottolineato l’importanza di un modello organizzativo che, attraverso percorsi assistenziali integrati, riesca a soddisfare bisogni di salute complessi che richiedono contestualmente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale. “Non possiamo fermarci alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza ma dobbiamo andare oltre, tutelando i livelli essenziali di esistenza: la salute non esaurisce i determinanti del benessere, del poter vivere una vita piena e dignitosa”. Samifo rivolge un’attenzione particolare alla cura delle vittime di guerre, di tortura e di violenza intenzionale per persecuzione politica, religiosa, di genere, matrimonio forzato, nonché alle persone vittime di abusi sessuali e di mutilazioni dei genitali femminili.

Un punto particolarmente problematico è la differenza esistente tra le diverse aziende sanitarie della Capitale: questa preoccupazione è stata espressa da Emiliano Monteverde, capo gabinetto dell’assessorato alle Politiche sociali e salute di Roma Capitale. Ha annunciato l’avvio di un progetto che beneficia di un finanziamento europeo che prevede la presenza capillare di un’assistenza di strada con camper e presenza di operatori sociali e sanitari nelle vie della città. Il progetto prevede anche una componente formativa che coinvolgerà tre Asl romane e che si candida a diventare anche un momento di studio e ricerca utile per informare le strategie assistenziali e di presa in carico dei prossimi anni. Progetti del genere, ha sottolineato Monteverde, sono possibili dove c’è un tessuto sociale costruito dal terzo settore, dagli attivisti nelle scuole e nei centri di aggregazione sociale. Purtroppo, il processo che potrebbe portare all’apertura delle case della comunità è sostanzialmente fermo: non c’è un confronto concreto sulle modalità organizzative, sulla composizione dello staff e sui ruoli dei diversi professionisti che potrebbero essere coinvolti.

Un punto importante toccato da Monteverde è quello della residenza virtuale della persona straniera non in possesso di permesso di soggiorno. Si tratta di un servizio effettuato in tutti i Municipi che – come si legge sul sito di Roma Capitale – “permette l’iscrizione a via Modesta Valenti: un indirizzo anagrafico convenzionale, ossia non reale. Questa posizione anagrafica consente il pieno godimento dei diritti di cittadinanza, tra i quali il diritto di voto, la possibilità di ottenere i documenti di identità e le relative certificazioni anagrafiche, l’accesso a contributi, prestazioni e servizi”. Per Monteverde, “la residenza virtuale dev’essere un diritto riconosciuto da tutte le amministrazioni comunali e non è concepibile che sia concessa in un luogo diverso da quello reale di residenza e di lavoro”.

La residenza virtuale dev’essere un diritto riconosciuto da tutte le amministrazioni comunali

Verso la conclusione di un incontro molto interessante e partecipato, Santone e Monteverde hanno richiamato l’attenzione su tre questioni a loro parere di particolare importanza. La prima è l’abolizione nel decreto legge, noto come Decreto Cutro, della possibilità di assistenza psicologica e legale delle persone richiedenti asilo ospitati nei Centri di prima accoglienza e nei Centri di assistenza straordinaria. La seconda riguarda l’emergenza sempre più diffusa di pazienti psichiatrici che commettono reati e perdono diversi diritti tra cui anche il permesso di soggiorno. La terza – emersa su sollecitazione di una partecipante all’incontro – è la necessità che la presa in carico di persone senza fissa dimora portatrici di problematiche complesse sia messa in atto con un’accoglienza diffusa, meglio se in unità abitative di piccole dimensioni, con una strategia graduale di reinserimento sociale che promuova la dignità delle persone rispettandone le scelte e i desideri individuali.