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E se facessimo test per ogni tipo di virus respiratorio?


Fare un test alla comparsa di qualsiasi sintomo simil influenzale è diventata la prassi nell’ultimo anno di pandemia di covid-19. Ma possibile che diventi normale farli anche in futuro? In realtà non è giusto parlare solo di futuro, perché alcune persone li facevano già prima che la pandemia sconvolgesse le nostre vite. “Ero un tester seriale anche prima della comparsa di covid-19”, racconta Emily Martin, un epidemiologo dell’Università del Michigan. “Anche con mia figlia basta un raffreddore e provo a vedere se ha l’influenza. Penso sia utile saperlo”.

“Anche con mia figlia basta un raffreddore e provo a vedere se ha l’influenza. Penso sia utile saperlo”

Ma quali sono i benefici di sapere esattamente quale virus respiratorio (o batterio) ci ha contagiati? Un motivo per fare test di massa è che alcuni farmaci antinfluenzali con azione antivirale per essere efficaci vanno assunti entro le 48 ore dall’insorgenza dei sintomi. Lo abbiamo visto, ad esempio, con l’antivirale orale di Pfizer contro Covid-19, paxlovid, che soltanto se viene somministrato entro i primi cinque giorni dall’insorgenza dei sintomi riduce notevolmente il rischio relativo di ricovero o morte. Ma questo vale anche per l’influenza. Secondo Amesh Adalja, medico di malattie infettive e ricercatore senior presso il Johns Hopkins Center for Health Security, “la maggior parte delle persone trarrebbe beneficio dal fare test appena si ha un raffreddore. In particolare le donne in gravidanza, gli anziani, gli immunocompromessi e altri gruppi vulnerabili all’influenza. Pensiamo, infatti, che i virus dell’influenza costringono al ricovero in ospedale decine di migliaia di persone ogni anno, se facessimo dei test il numero scenderebbe”.

“I virus dell’influenza costringono al ricovero in ospedale decine di migliaia di persone ogni anno, se facessimo dei test il numero scenderebbe”

Oltre ad avere vantaggi per i singoli individui, eseguire test potrebbe anche ridurre la trasmissione dell’influenza. Prima della pandemia di covid-19, infatti, è capitato a tutti noi di andare a scuola o al lavoro con tosse, raffreddore o mal di gola, magari imputando i sintomi alle allergie o all’aver preso un po’ di freddo. Al contrario, se risultare positivo a un test per l’influenza convincesse una persona a rimanere a casa, si potrebbe evitare il contagio di persone a rischio. Ma medici e ricercatori favorevoli ai test la pensano in grande. Amesh Adalja immagina un futuro in cui ognuno di noi avrà in casa un unico dispositivo in grado di rilevare praticamente tutti i patogeni respiratori: coronavirus, rinovirus, batteri che causano mal di gola e non solo. E c’è di più: il risultato di un test positivo arriverebbe in automatico agli operatori sanitari che poi a distanza dispenserebbero consigli o prescrizioni.

Per quanto questo scenario possa sembrare intrigante, però, diversi ricercatori non sono convinti ne valga la pena. I motivi sono diversi. Innanzitutto, per quanto veloci e convenienti possano essere i test rapidi da fare a casa, la loro precisione può essere carente o la loro interpretabilità non così immediata. I test rapidi per l’influenza che si utilizzavano gli scorsi anni, ad esempio, hanno faticato a rilevare alcuni ceppi virali. E se anche la loro precisione aumentasse ancora non abbiamo trattamenti specifici per molti agenti patogeni delle vie aeree. Senza contare che la prescrizione di farmaci antivirali per l’influenza dev’essere riservata a casi particolari perché i virus influenzali circolanti possono sviluppare resistenza ai medicinali e per un problema di costi. Non mancano poi problemi di fornitura: anche durante la pandemia la capacità di effettuare test su larga scala è stata in molti periodi carente, con le persone che spesso si sono trovate a fare ore e ore di fila per accedere a un tampone. Solo nell’ultimo periodo le cose sono migliorate con i kit fai da te, ma si pone un altro limite: anche se i test fossero eccellenti non è detto che chiunque riuscirebbe a eseguirli nel modo giusto e dunque non avremmo garanzie.

Ultimo problema da non sottovalutare è che durante la pandemia aver fatto test alla comparsa dei primi sintomi ha avuto ripercussioni negative sul benessere di alcune persone come conseguenza dell’isolamento di giorni, del lavoro perso, delle chiusure scolastiche, e in alcuni casi anche per il senso di colpa che il tampone positivo instaurava nelle persone. “C’è quasi la paura di ottenere una diagnosi”, ha confermato Stefan Baral, medico di malattie infettive ed epidemiologo della Johns Hopkins. “Allo stato attuale delle cose molte persone non possono permettersi di fare un test e affrontare le ripercussioni che derivano dal risultato”.