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Photo by JD Lasica / CC BY

“Vi stanno riprogrammando”, l’allarme di Chamath Palihapitiya


Voi non vi accorgete che vi stanno riprogrammando“. A pronunciare questa frase, degna dell’inizio di una puntata della serie televisiva britannica Black Mirror, è stato Chamath Palihapitiya, ex responsabile per la crescita degli utenti di Facebook durante un intervento dal titolo “I soldi come strumento di cambiamento“, tenutasi lo scorso inizio novembre alla Business School della Standford University.

Palihapitiya è nato 41 anni fa in Sri Lanka e si è trasferito all’età di sei anni in Canada con dove i suoi i suoi riuscivano a malapena a pagare il bus ai figli per andare a scuola. Appena ha potuto ha ottenuto il suo primo lavoro in un Burger King. Grazie ai suoi meriti scolastici ha frequentato un college al di sopra delle sue possibilità economiche e proprio in quel periodo, racconta, ha iniziato a maturare in lui un’idea delle “cose che contano davvero”. Un episodio in particolare, spiega, gli ha fatto capire quale persona sarebbe voluto diventare.  Si tratta dell’incontro con Terry Matthews e la sua compagnia di telecomunicazioni “Newbridge” per la quale Palihapitiya negli anni ‘90, durante gli studi.”Lui ha completamente stravolto il significato di che cosa siano i soldi. Per Matthews i soldi erano uno strumento del cambiamento. Otto Dieci miliardi di cambiamento, quindici miliardi di cambiamento…capite?“.

Palihapitiya, oggi venture capitalist, mette in relazione Matthews ad un altro famoso miliardario di quel periodo, Michael Copeland, descrivendolo come l’esatto opposto: “Erano entrambi uomini di successo ma manifestavano i soldi in maniera completamente differente. Ed io ho pensato: io voglio essere questo tipo di persona, come Terry, voglio essere questa mega combinazione di energie cercando di fare della roba davvero figa nel mondo“.

Il tono è colloquiale ma deciso e convinto. Palihapitiya crede in un capitalismo positivo che possa contrastare quelle centocinquanta persone, come lui stesso sostiene, che controllano realmente il mondo e lo hanno reso iniquamente favorevole a loro stessi e ai loro figli. Quello che il venture capitalist di origini cingalesi più desidera è potersi sedere allo stesso tavolo di queste persone per poter cambiare le cose: “il mio unico scopo adesso è essere nella posizione di poter aggregare una quantità sufficiente del capitale per riallocarlo secondo la mia visione del mondo“.

Del resto l’idea di mondo di Chamath Palihapitiya è descritta a chiare lettere nel sito di “Social capital”, la sua impresa di venture capital: “Se la vita fosse una gara, si potrebbe affermare che la linea di partenza alla nascita è distribuita non uniformemente“.

Tra gli obiettivi per la sua impresa, Palihapitiya ha anche quello di dare lavoro, entro il 2045, ad almeno dieci milioni di persone, quello di fare in modo che affari della sua società abbiano avuto ricadute positive su almeno un quarto della popolazione, nonchè di aver accumulato circa un trilione di dollari: “Se ci riusciremo, saremo la faccia moderna del capitalismo per i prossimi cinquanta anni“.

Nel suo intervento l’imprenditore rivela anche la ricetta che sta adottando per poter raggiungere questi obiettivi e la prima regola, apostrofa, è sicuramente la calma e la pazienza poiché questo genere di affari sono per definizione “ardui, non ovvi e per questo sono capitalizzati in scala molto lentamente”. A questo punto arriva la prima “frecciata” alla Silicon Valley ed alla sua logica di business: “Veloce, rapido, vai. Ma questa sorta di eiaculazione precoce non funziona se stai cercando di poter scopare in giro per sempre“.

Da qui, l’ex numero due di Menlo Park inizia una profonda critica del modo di fare soldi della Silicon Valley che definisce basato sullo sfruttamento degli atteggiamenti e della psicologia degli utenti. Una strategia che lui stesso ha messo in pratica durante gli anni trascorsi a Facebook, che oggi non ricorda certo con piacere: “Mi sento tremendamente in colpa[…]Letteralmente siamo arrivati ad un punto, oggi, dove credo che abbiamo creato strumenti che stanno disintegrando il tessuto sociale su cui è basata la Società. Io vorrei incoraggiare voi tutti, quali futuri leader del mondo, a prendere veramente coscienza di quanto questo sia importante. Se tu nutri la bestia, quella bestia ti distruggerà. Se invece la respingi, abbiamo la possibilità di controllarla e rimetterla al suo posto“.

Palihapitiya è molto duro nel suo giudizio e non usa mezzi termini per esprimere la sua posizione: “Questo è un momento nel quale le persone hanno bisogno di chiudere nettamente con alcuni di questi strumenti e con le cose su cui fanno affidamento. Gli stimoli di feedback a breve termine, basati sulla dopamina, che abbiamo creato, stanno distruggendo il modo in cui la società funziona: nessuna coscienza civile, nessun senso di cooperazione, disinformazione, falsità […]. Organizziamo le nostre vite attorno a questo senso di perfezione percepito, perché siamo premiati da questi impulsi a breve termine: cuoricini, like, pollici in su… e confondiamo tutto questo con i valori, e confondiamo tutto questo con la verità“.

Il venture capitalist invita addiritura la platea a una “disintossicazione” da certi meccanismi di Internet: “Io non ho una soluzione giusta: la mia soluzione è semplicemente: non usate più questi strumenti! Io non lo faccio da anni. Se guardi la mia pagina Facebook, probabilmente avrò postato meno di dieci volte negli ultimi sette anni. Ed è strano: immagino che più o meno, inconsciamente, io non volessi essere riprogrammato. E quindi l’ho semplicemente spento, ma non l’ho affrontato e ora guardiamo quello che sta accadendo“.

Chamath conclude il suo discorso sull’uso dei social media individuando nel libero arbitrio una delle vie d’uscita e sottolineando l’importanza delle decisioni che prendiamo ogni giorno: “Il modo in cui ho deciso di spendere il mio tempo è di prendere il capitale con cui mi hanno premiato [a Facebook, ndr] e concentrarmi ora sui cambiamenti strutturali che posso controllare. Io non posso controllare tutto questo. Posso controllare le mie decisioni (cioè di non usare quella merda), posso controllare le decisioni dei miei figli, che non hanno il permesso di usare quella merda. Poi posso concentrarmi su diabete, sull’educazione e sui cambiamenti climatici. È tutto ciò che posso fare. Tutti gli altri devono guardarsi dentro un po’ di più, considerando quello che sono disposti a fare. Voi non vi rendete conto che vi stanno riprogrammando. Non era intenzionale, ma adesso dovete decidere a quanto siete disposti a rinunciare, a quanto della vostra indipendenza intellettuale“.

 

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