La Yakuza è un’organizzazione criminale tradizionale giapponese risalente al XVI secolo assimilabile in parte alle organizzazioni mafiose occidentali, ma con importanti differenze. Il consenso popolare per esempio è assai diffuso, nonostante numerose campagne di sensibilizzazione da parte del governo nipponico. La Yakuza inoltre agisce solo parzialmente in clandestinità: i boss e i loro uomini circolano tranquillamente con abiti prestigiosi a bordo di auto lussuose, mostrano con disinvoltura il loro biglietto da visita e si riuniscono in eleganti edifici dove è addirittura apposta una targa ufficiale.
In Giappone si parla poco e malvolentieri della Yakuza, ancor meno delle vite private dei membri dell’organizzazione e infinitesimamente meno delle donne coinvolte (madri, sorelle, mogli, figlie, amanti, prostitute). Questo ha spinto Chloé Jafé a lavorare al suo progetto “命預けます”, “Inochi Azutemasu” ovvero “Ti do la mia vita”, che riguarda proprio le donne della Yakuza. “Per definizione, una donna non può essere membro della Yakuza. Se sei della Yakuza, sei un uomo. Il ruolo delle donne in questa organizzazione è quindi coperto da un velo di ambiguità”, ha raccontato la fotografa francese alla Bbc.
Dopo essersi trasferita a Tokyo, la Jafé ha trovato lavoro come hostess in un club per uomini proprietà di un boss della Yakuza e frequentato spesso da membri dell’organizzazione: “Una hostess è una ragazza che fa compagnia ai clienti: serve loro il sake, li ascolta con pazienza, ride alle loro battute e nient’altro, senza rapporti sessuali. Era un’area grigia, perché le hostess erano in molti casi mogli o amanti dei mafiosi, ma questo non vuol dire che svolgessero attività per la Yakuza, erano qualcosa che loro possono utilizzare per far soldi, in sostanza”. Nonostante il lavoro al club, la fotografa ha faticato molto a realizzare il suo progetto: “Le donne non posso decidere da sole nemmeno di farsi fotografare: è una scelta dei loro mariti o compagni”. Solo dopo molto tempo a Chloé è stata data la possibilità di incontrare un boss Yakuza.
Durante un “matsuri”, una festa con molti ospiti, un uomo circondato da bodyguard l’ha invitata al suo tavolo a bere una birra. “Abbiamo iniziato a parlare ed è stato l’inizio di un percorso che dura per me ormai da sei anni”, spiega. Conquistare la fiducia degli uomini e convincerli a lasciar fotografare le proprie donne è stato davvero duro e ancor più duro è stato convincere la moglie del boss di non essere interessata a rubarle il marito o a spillare soldi all’uomo. La prima foto della Chloé è stata proprio un ritratto di spalle di questa donna: “Era come una porta chiusa”, una porta che a poco a poco però si è aperta.
Credo che queste donne fossero davvero stupite che una ragazza francese volesse sapere di più su di loro e sui loro tatuaggi
La chiave estetica delle fotografie della raccolta sta nel cosiddetto “irezumi”, il tatuaggio giapponese che copre gran parte del corpo e che è associato tradizionalmente alla Yakuza. La realizzazione dell’irezumi, che avviene ancora oggi con strumenti antichi, può durare anche un anno. “Si tratta di una prova di resistenza e pazienza. Serve a dimostrare quanto riesci a sopportare il dolore. I tatuaggi non sono assolutamente una moda in Giappone, vengono considerati molto negativamente, farsi un tatuaggio significa essere davvero fuori dagli schemi, porsi ai margini della società. In palestre, saune, piscine e così via non è consentito mostrare tatuaggi, chi li ha deve coprirli”. E i tatuaggi delle donne della Yakuza sono coperti da un ancor più stretto riserbo, ovviamente. “Non li mostrano a nessuno tranne che al loro uomo perché non è loro permesso, ma ne sono fiere”.
Il lavoro sulla serie di fotografie “Inochi Azutemasu” ha permesso a Chloé Jafé di scoprire i segreti della struttura familiare dei membri della Yakuza, che è rigidamente patriarcale e permette alle donne di avere un ruolo molto limitato e legato a quello del marito nell’organizzazione. La moglie di un boss è influente e ha diritto a una guardia del corpo (rigidamente femmina), ma le altre mogli sono una sorta di casalinghe con il marito gangster anziché impiegato, mentre le amanti sono poco più che oggetti sessuali. Le donne della Yakuza sono una comunità chiusa, impermeabile all’esterno e questo ha creato una sottocultura femminile assolutamente peculiare.
“Ero una donna che cercava una comunicazione con altre donne, l’importante per me era stabilire un rapporto, sapere di più delle loro vite e dei loro pensieri. È diventata soprattutto un’esperienza umana più che artistica”, conclude Jafé. “Credo che queste donne fossero davvero stupite che una ragazza francese volesse sapere di più su di loro e sui loro tatuaggi”.