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Quando le scale smetteranno de menacce…


Quando la smetterete co’ sta storia delle scale?”. “Quando le scale smetteranno de menacce…”. È questo il sottofondo dialogico, tacito per buona parte del film, su cui poggia Sulla Mia Pelle, presentato alla Mostra del cinema di Venezia e ora disponibile su Netflix. Con Alessandro Borghi nella pelle, nelle ossa e nei lividi di Stefano Cucchi e Jasmine Trinca nei panni della sorella Ilaria; Alessio Cremonini alla regia.

Il film è un’impresa certosina, di grande precisione tecnica, che ricostruisce sette giorni: dal 15 ottobre 2009, ovvero la data dell’arresto di Stefano Cucchi, per spaccio a Roma, alla sua morte nel reparto di “medicina protetta” dell’ospedale Sandro Pertini, nella notte tra il 21 e il 22 ottobre.

Sulla Mia Pelle è un film di sottrazione, quella messa in atto da regista e dalla sceneggiatrice per raccontare, senza rinunciare alla pienezza di dettagli, a nove anni di distanza, la mediocrità del bene nei sette giorni di prigionia di Stefano Cucchi. Solo sette giorni in cui almeno 140 persone – fra carabinieri, giudici, agenti di polizia penitenziaria, medici, infermieri – hanno visto Stefano, pochi l’hanno guardato veramente, quasi nessuno ha provato ad aiutarlo, molti hanno scelto di guardare dall’altra parte.

Non so come sono riuscito a mettere da parte l’emotività, mi sono fatto tutto il film senza pensare a niente.

Non so se avrei avuto il coraggio di affidare il ricordo di mio figlio nelle mani di un attore”, racconta Borghi nei panni del protagonista. I genitori di Stefano ci sono riusciti, permettendo al cinema di mettere a frutto il suo meraviglioso potere di insinuarsi nelle coscienze. In questi giorni, dopo nove anni, l’Italia parla ancora di Stefano Cucchi, riaccende la memoria per poi passare il testimone alla fase successiva del processo, ancora in atto.

La sottrazione riguarda anche i chili che Alessandro Borghi ha dovuto buttare giù per entrare nei panni di Stefano Cucchi e per entrare in contatto intimo con se stesso allo stato primordiale. “Avevo la necessità di scindere la mia rabbia nei confronti di questa situazione per non rischiare di fare un film che andava a raccontare quanto fosse incazzato Alessandro Borghi”, racconta l’attore. “Avevo la necessità di mettere da parte tutta la mia componente emotiva (…) e in questo sono stato aiutato dalla sceneggiatura e dalla regia di Alessio Cremonini, regista di un’intelligenza sconfinata, (…) che non rischia mai di essere morboso, retorico, paraculo… di strumentalizzare qualcosa”. Sulla mia pelle è un film dritto.

Non so come sono riuscito a mettere da parte l’emotività, mi sono fatto tutto il film senza pensare a niente e quando è finito, oltre a essere estremamente felice, ero molto più incazzato di prima”, aggiunge Borghi.

Oltre alla nutrizionista, che lo ha affiancato nel percorso di dimagrimento forzato, alle testimonianze dirette, agli atti processuali e ai racconti, un ruolo importante nell’avvicinarsi a Stefano per Borghi lo ha avuto il libro di Carlo Bonini “Il corpo del reato”. Questa inchiesta civile parte dal cadavere di Stefano Cucchi, in particolate dalla frattura della terza vertebra lombare di Stefano, omessa dall’autopsia, che, secondo l’autore, facilmente avrebbe potuto sciogliere l’equivoco delle scale mettendo in luce il nesso causale diretto tra il pestaggio e la sua morte.

Dopo sottrazione, distanza è l’altra parola chiave, maggior pregio del film, che mantiene, calandosi nei fatti, il giusto distacco emotivo dalla vicenda drammatica di Stefano e dal dolore ancora vivo dei suoi famigliari, per restare in equilibrio e provare a far parlare le carte. Nello scrivere la sceneggiatura è stato fatto un lavoro attento sugli atti del processo, alla ricerca di quelle cose che (in parte mano-)messe agli atti potessero essere le più verosimili.

Le persone possono essere indifferenti davanti al dolore, insensibili davanti a una causa.

Ed è proprio dagli atti che è partito il lavoro di scrittura. Come racconta la sceneggiatrice Lisa Nur Sultan: “(Un lavoro, ndr) Su 10.000 pagine. Ci siamo stati sopra per sei mesi, praticamente senza fare altro. Abbiamo visto tutte le puntate su Cucchi di Un giorno in pretura, ascoltato gli audio, letto il libro della sorella. Con il regista sono stata nella stanza di Stefano, a casa dei genitori. Non me lo dimenticherò mai. Dopo tre mesi con gli incubi ci siamo dovuti distaccare, ci serviva lucidità per scrivere”.

Cremonini voleva un film ‘raggelato’”, racconta la sceneggiatrice. E tale è: una cronaca reale che non spinge nessuno a prendere posizioni, ma ci costringe tutti a porci delle domande per riflettere su questa storia. Molti meriti, scrive il critico cinematografico Boris Sollazzo sulla sua pagina Facebook: “Merito anche e soprattutto della sceneggiatura scritta con Lisa Nur Sultan: non c’è parola che sia fuori posto, una scena superflua o sopra le righe, un momento che incontri la retorica. Anche qui pudore e rigore si intrecciano”.

Sulla mia pelle ci fa arrivare con dolcezza, amara, sull’orlo del pianto, ci fa riflettere, ma secondo Borghi ci aiuta soprattutto nel lavoro di selezione: “Molti di noi pensano di sapere tutto… ma questo film poggia su un supporto tecnico fatto per scandire tutti gli eventi che hanno caratterizzato i sei giorni di prigionia di Stefano e che poi lo hanno portato alla morte”. Si esce alla fine più tristi, sottolinea l’attore: “Perché si ha a che fare con tutte le debolezze dell’essere umano. Le persone possono essere indifferenti davanti al dolore, insensibili davanti a una causa”.

Un film da vedere perché da qualsiasi punto di vista la guardiamo, in qualsiasi momento delle nostre vite, potremmo trovarci sulla strada sbagliata. Tutti potremmo un giorno, per qualsiasi motivo, essere nei panni di Stefano Cucchi.

Quando Stefano Cucchi muore nelle prime ore del 22 ottobre 2009, è il decesso in carcere numero 148 di quell’anno. Al 31 dicembre, la cifra raggiungerà l’incredibile quota di 176: in due mesi, 30 morti in più.

Qui e qui i due video con l’intervista ad Alessandro Borghi. Qui invece l’intervista all’attore alla Mostra del Cinema di Venezia.