“L’identità europea è nata tra le isole e sulle rive del Mediterraneo, lungo i fiumi, in un viaggio continuo di scambi di merci e di idee”. Si è aperta con queste parole – pronunciate dal Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani – la Conferenza di Alto Livello sul Patrimonio Culturale Europeo del 26 giugno scorso, dove diversi esponenti politici, gruppi di interesse e esperti si sono riuniti per discutere delle sfide del settore della cultura.
A rappresentare l’Italia c’era Ezio Bosso, direttore d’orchestra e compositore di fama internazionale, noto al grande pubblico per aver firmato la colonna sonora del film “Io non ho paura”, oltre che per una straordinaria esibizione sul palco dell’Ariston al Festival di Sanremo del 2016.
Nel suo intervento, Bosso ha sottolineato come la musica sia un esempio di integrazione a cui l’Unione Europea dovrebbe ispirarsi. “Non c’è un confine, la musica non è solo un linguaggio ma è una forma di trascendenza. La trascendenza è quello che ci porta oltre”.
Chi dedica la propria vita allo studio di quest’arte, infatti, si confronta sin da subito con artisti italiani, austriaci, tedeschi, francesi. Bach, racconta il compositore torinese, decise di farsi 70 kilometri a piedi per andare a conoscere la musica di Benedetto Marcello, mentre Schubert spese gli ultimi risparmi per andare a sentire Niccolò Paganini. “Non perché era italiano, perché era un violino”.
Un grande musicista non è chi suona più forte, ma chi ascolta di più l’altro. Perché in questo modo i problemi diventano opportunità.
A prescindere dallo strumento, infatti, la musica permette di esprimere la propria identità in un contesto di provenienze ed esperienza spesso molto diverse tra loro. “L’orchestra che sto dirigendo adesso è italiana, ma con un primo violino rumeno, una prima viola ungherese”, ha raccontato Bosso. “Eppure, siamo semplicemente un’orchestra”. Per questo motivo, l’idea di rafforzare i confini degli stati membri rappresenta – per un musicista – un’occasione persa. “Noi esseri umani siamo, dal mio punto di vista, un po’ buffi. Perché tendiamo a erigere muri, anziché scoprire ciò che abbiamo a portata di mano”.
Secondo Bosso, infatti, per difendere il patrimonio culturale europeo è necessario sì, tutelare le differenze, ma in un contesto di condivisione e confronto. Il musicista ha quindi ricordato l’esempio di Claudio Abbado, fondatore insieme a Lionel Byer dell’Orchestra Giovanile Europea. “Da lui imparammo che eravamo tutti un’orchestra”, ha ricordato. “Che l’Europa era un’ochestra a cui rivolgersi”. Perché, ha spiegato, le radici della nostra identità “non sono un perno verticale”. Al contrario, si diramano trasversalmente, andando a intrecciarsi con quelle dei nostri vicini. Un’idea, questa, condivisa anche dal Presidente Tajani, secondo il quale sarebbe proprio grazie a questa storia di scambi e collaborazioni se l’Europa è, attualmente, “all’avanguardia nelle industrie culturali e creative”.
Le differenze, quindi, come punti di forza. Anche in questo senso, secondo Bosso, c’è molto da imparare dal mondo della musica. “Essa ci insegna l’importanza dell’ascolto. Un grande musicista non è chi suona più forte, ma chi ascolta di più l’altro. Perché in questo modo i problemi diventano opportunità”.