“Suppongo sia incivile. Ma cosa posso dire? Avrei fatto qualsiasi cosa per diventare normale. Quando avevo quindici anni ho capito di essere come chi si diceva omosessuale e che per questo veniva insultato dalla società in cui sono cresciuto. È stato un grande shock per me. Mi sentivo totalmente solo”.
John, nome di finzione, è cresciuto negli anni Cinquanta in una cittadina rurale nell’Irlanda del Nord, dove il presbiterianesimo era il credo più diffuso. Quando ha preso consapevolezza della sua omosessualità, John ha deciso di rivolgersi a un medico di base, che ha richiesto per il suo paziente una consulenza in un ospedale locale. Tutto però ha inizio quando comincia i suoi studi alla Queen’s University Belfast alla fine degli anni ‘60: qui, infatti, è stato mandato al Dipartimento di salute mentale dell’università.
“Ero abbastanza contento di fare qualsiasi cosa loro mi dicessero. Io volevo essere curato”, spiega John alla Bbc. Dal 1960, alla Queen’s University Belfast veniva adottata la cosiddetta terapia di conversione, una pratica pseudoscientifica volta a cambiare l’orientamento sessuale di una persona dall’omosessualità o bisessualità all’eterosessualità, mediante l’utilizzo dell’elettroshock: lo scopo era creare un collegamento tra il desiderio omosessuale e il dolore.
“Sono andato a fare una sessione. Hanno attaccato alcuni cavi elettrici prima ai miei piedi. Ma questa cosa la trovavo orribile, perché sono abbastanza sensibile nei piedi, quindi li ho convinti a metterli nelle mie mani”, racconta John. “Prima di tutto mi hanno fatto vedere delle immagini pornografiche, con giovani uomini nudi, e io dovevo valutarle. Quando schiacciavo il bottone significava che ero eccitato. Dopo circa quindici o trenta secondi, se non premevo di nuovo il bottone, loro mi avrebbero provocato uno shock, e avrebbero continuato a farlo ogni quindici o trenta secondi, fino a quando non avessi premuto di nuovo il bottone, per dire che non stavo più provando alcuna eccitazione. Era doloroso e orribile”.
John non è l’unico ad essersi sottoposto a questa terapia. Mathew Shurka, avvocato statunitense e cofondatore di Born Perfect, una campagna di sensibilizzazione per mettere fine alla terapia di conversione, è stato un altro dei pazienti. “Avevo 21 anni quando ho fatto la mia ultima sessione di terapia di conversione”, racconta a Teen Vogue. “Era il 2009 e questo segreto mi stava erodendo. Pensavo di non poter parlare con nessuno di quello che avevo vissuto, di quella fase della mia vita in cui venivo rimproverato dalla gente che mi diceva che la mia attrazione verso certe persone era sbagliata, che c’era qualcosa di sbagliato in me. Mi sentivo isolato”.
Suppongo sia incivile. Ma cosa posso dire? Avrei fatto qualsiasi cosa per diventare normale.
Così, a sedici anni, Matthew ha iniziato a sottoporsi alla terapia, passando per quattro medici, con un costo totale di 35 mila dollari. “Gli è stato ordinato di usare il Viagra quando faceva sesso con le altre donne”, racconta The Guardian. “Gli è stato detto lui che era un caso classico di qualcuno con troppi modelli femminili e, per questo, gli è stato imposto di evitare sua madre e le sue sorelle”. “Non ho parlato con loro per tre anni, pur vivendo sotto lo stesso tetto”, ha confessato Matthew.
I numeri della terapia
Secondo uno studio condotto dal William Institute della Ucla School of Law, pubblicato nel gennaio 2018, “la terapia è praticata da alcuni professionisti autorizzati nel fornire assistenza sanitaria e da alcuni membri del clero o altri consiglieri spirituali nell’ambito della pratica religiosa”. Secondo i dati forniti dallo studio, che si concentra sul territorio statunitense, 698 mila adulti tra i 18 e i 59 anni si sono sottoposti alla terapia di conversione negli Stati Uniti. Di questi, 350 mila hanno iniziato durante l’adolescenza. Ventimila giovani, tra i 13 e i 17 anni, si sono sottoposti alla terapia – condotta da un professionista autorizzato – negli stati in cui non è vietata; seimila giovani, tra i 13 e i 17 anni, residenti negli stati in cui la terapia è vietata, si sarebbero sottoposti alla pratica prima dei 18 anni, se il loro stato non avesse vietato la pratica. Ben 57 mila giovani, tra i 13 e i 17 anni, si sottoporranno alla terapia di conversione prima di compiere i 18 anni.
Alla base della terapia di conversione c’è sempre la credenza che essere Lgbt sia anormale. In passato, diversi psichiatri consideravano l’omosessualità come una malattia mentale curabile: tra questi, lo psichiatra Samuel Hadden, convinto che grazie alla sua terapia i suoi pazienti guarissero dall’omosessualità. “Negli anni Sessanta, gli psichiatri Irving Bieber e Charles Socarides sostenevano che il desiderio omosessuale era una forma di disadattamento psicosociale, risultato dell’infanzia”, scrive il Time. Già prima “la teoria freudiana sosteneva che tutti i bambini sono intrinsecamente bisessuali, sviluppando un orientamento sessuale solo nell’adolescenza attraverso l’identificazione con il genitore dello stesso sesso. Lo stesso Freud aveva dichiarato esplicitamente nel 1935 che l’omosessualità non era una malattia e scoraggiava fortemente i tentativi di curarla. Tuttavia, negli anni ’50, diversi psichiatri conservatori americani ed émigré si sono appropriati delle sue teorie, riaffermando il concetto di famiglia eterosessuale, con capofamiglia e casalinga, sulla scia della Seconda Guerra Mondiale”.
Questo ha fatto sì che si sviluppassero diverse pratiche volte a curare l’omosessualità, sia negli Stati Uniti, sia nell’Europa occidentale: tra questi, lobotomie, somministrazione di droghe, castrazione chimica attraverso trattamenti ormonali, trapianto di testicoli da donatori eterosessuali ed elettroshock.
Lo stesso Freud aveva dichiarato esplicitamente nel 1935 che l’omosessualità non era una malattia.
L’impatto di questa terapia, però, è spesso devastante (come anche nel caso dei pazienti intersex). Depressione, ansietà, abuso di sostanze stupefacenti, senso di colpa, isolamento, odio verso se stessi e tentativi di suicidio sono le conseguenze più diffuse di queste pratiche. Secondo un sondaggio realizzato da The Trevor Project nel 2019, e condotto su più di 34 mila giovani Lgbtq negli Stati Uniti, il 42 per cento delle persone che si sono sottoposte alla terapia della conversione hanno tentato il suicidio, contro il 17 per cento di quelli che non hanno mai provato la terapia. I numeri aumentano nel caso di persone transgender o genderqueer che si sono sottoposte alla terapia di conversione: i tentativi di suicidio, in questi casi, raggiungono il 57 per cento.
La terapia di conversione nel mondo
Pur non essendoci alcun fondamento scientifico, la terapia di conversione viene praticata in tutto il mondo. Nel 1973 l’American Psychiatric Association ha rimosso l’omosessualità dal manuale diagnostico, e successivamente la Human Rights Campaign ha definito questa terapia come “una serie di pratiche pericolose e screditate che pretendono falsamente di modificare l’orientamento sessuale di una persona o l’identità o l’espressione di genere”. Eppure, negli Stati Uniti la terapia di conversione è legale in tutto il territorio, tranne che in 18 Stati, dove è vietata la sola pratica sui minori. Lo stato della North Carolina vieta in parte la pratica sui minori, mentre negli altri 31 stati non vi è alcuna limitazione legale. Queste leggi, però, non rappresentano alcuna limitazione per i “consiglieri spirituali” che, nonostante la forte disapprovazione da parte dell’opinione pubblica, continuano ad adottare questa terapia. Spesso lo fanno nei cosiddetti campi di conversione, situati in alcune strutture clandestine nelle aree rurali degli più Stati conservatori, quelli della Bible Belt, ha spiegato Elise Chenier, professoressa di storia, a Teen Vogue.
In Europa, nel marzo 2018 il Parlamento Europeo ha condannato le pratiche di conversione con un’ampia maggioranza: 435 voti a favore, 109 contrari. Fino ad oggi, però, solo Malta e alcune regioni della Spagna hanno esplicitamente vietato queste pratiche. I paesi europei in cui si sta discutendo il divieto della terapia di conversione sono: Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi, Francia, Germania e Austria. Negli altri Stati la pratica è ancora legale.
Anche in Cina è particolarmente diffusa la teoria della conversione, nonostante il paese abbia decriminalizzato l’omosessualità nel 1997 e l’associazione psichiatrica l’abbia declassificata da disturbo mentale. Secondo gli attivisti ci sono ancora poche garanzie legali per la comunità LGBT; per questo nel paese sono molti medici che seguono nel tentativo di “curare” l’omosessualità attraverso l’ipnosi o mediante terapie come quella di conversione. “Queste malattie sono comuni. Se vuoi ricevere un trattamento puoi essere curato. La tua mentalità distorta può essere corretta gradualmente” ha detto un medico dell’ospedale di Zhengzhou a un reporter di The Paper. Molte cliniche cinesi continuano a praticare la terapia anche sui minori.
“Non so come le persone reagiranno quando verranno a sapere tutto questo”, ha detto John alla Bbc. “A quel tempo non mi sembrava così barbarico come lo è ora, forse. Alla fine, dopo un paio di anni che mi sottoponevo a questo trattamento cercando di dare il meglio, ho realizzato che non funzionava. I miei sentimenti verso gli uomini erano esattamente gli stessi di sempre. Le donne non mi eccitavano per niente”.
Per approfondire il tema ci sono due film: La diseducazione di Cameron Post, diretto da Desiree Akhavan, e Boy Erased – Vite cancellate scritto e diretto da Joel Edgerton.