E se qualcuno dimostrasse che l’iniziativa più utile che si dovrebbe mettere in atto in tempi brevi per contrastare efficacemente il riscaldamento globale e il cambiamento climatico fosse piantare tanti tantissimi alberi? Se questo qualcuno avesse già individuato dove, dimostrando che non si tratta di aree urbane o agricole, chi potrebbe dirsi contrario? E se questa stessa iniziativa fosse utile anche a garantire una maggiore sicurezza alimentare alle generazioni future e a preservare la biodiversità animale e vegetale del Pianeta?
È proprio quello che hanno fatto i ricercatori del Crowther Lab, dell’ ETH di Zurigo (Eidgenössische Technische Hochschule Zürich), in uno studio appena pubblicato sulla rivista Science. Secondo la loro ricerca, oggi è possibile aumentare la superficie terrestre coperta da foreste di un terzo, senza alcun impatto sulle città o sull’agricoltura. Una volta matura, questa nuova foresta potrebbe immagazzinare 205 miliardi di tonnellate di carbonio, circa due terzi dei 300 miliardi di tonnellate di carbonio risultato delle attività umane dalla rivoluzione industriale a oggi.
“La questione è semplice: abbiamo aumentato il bilancio atmosferico di 300 miliardi di tonnellate di carbonio”, spiega Thomas Crowther , direttore del laboratorio, in un video di accompagnamento allo studio. “Sapevamo già che gli alberi possono immagazzinare il carbonio, ma non avevamo ancora calcolato quale potesse essere l’impatto su scala globale. Questo è il motivo per cui non abbiamo ancora inserito questa strategia tra le principali soluzioni al cambiamento climatico”.
Quantificare quanti alberi la nostra Terra può supportare nelle condizioni climatiche attuali e quale impatto questo avrebbe sul bilancio di carbonio atmosferico è proprio quello che hanno fatto ricercatori dell’istituto svizzero. Ci sono riusciti grazie a una metodologia chiamata fotointerpretazione, basata in gran parte sull’impiego di Google Earth Engine, con la quale hanno esaminato oltre 80mila foreste.
Non solo, i ricercatori hanno anche individuato dove questi alberi andrebbero piantati in maniera preferenziale (ma non esclusiva). Più della metà dei miliardi di ettari che andrebbero dedicati a questi interventi di restauro delle foreste si trovano in appena sei nazioni. Un dato che sottolinea l’importanza di leve politiche giuste su alcune tra le principali economie mondiali. La Russia è il paese con maggiore terra potenzialmente utilizzabile (151 milioni di ettari), seguita da Usa (103 milioni), Canada (78 milioni), Australia (58 milioni), Brasile (50 milioni) e Cina (40 milioni).
A oggi ci sono 5,5 miliardi di ettari di foreste, con un totale di 2,8 miliardi di ettari di copertura dalla chioma degli alberi. “L’area per il ripristino degli alberi è molto più grande di quanto avremmo mai immaginato, con 1,6 miliardi di ettari di terreno disponibili per il ripristino delle foreste: uno 0,9 miliardi di ettari di quello che esiste al di fuori delle regioni urbane e agricole”, racconta ancora Crowther. “Se lo convertite in carbonio, si tratta di circa 200 miliardi di tonnellate di carbonio, ⅔ di tutte le emissioni di carbonio atmosferico umano rimanente“, fa eco Jean-Francois Bastin, autore principale di questo studio.
Inoltre, se nelle proiezioni di ripristino fossero incluse aree coltivabili e urbane, la copertura forestale potenziale aumenterebbe di altri 0,7 miliardi di ettari.
Questi dati rendono realistici anche gli scenari futuri proposti da un recente rapporto del Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite (IPCC). Secondo questo documento, per limitare l’aumento della temperatura a 1.5°C sarebbe necessario ricoprire di foreste un miliardo di ettari di suolo terrestre entro il 2050, e allo stesso tempo ridurre drasticamente le emissioni da energia, trasporti e altre fonti.
Se agiamo subito, potremmo tagliare la quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera del 25 per cento, ai livelli visti quasi un secolo fa.
Tuttavia, sottolineano i ricercatori, è urgente agire subito. Il clima sta già cambiando e ogni anno si riduce l’area del pianeta che può sopportare nuove foreste. Anche se il riscaldamento globale del Pianeta venisse mantenuto entro i 1,5°C come auspicato dall’Accordo di Parigi, l’area disponibile per il ripristino della copertura forestale potrebbe ridursi di un quinto entro il 2050. Agire subito vuol dire non solo cominciare il prima possibile interventi di riforestazione, ma anche proseguire con l’implementazione di soluzioni già individuate: “Ci vogliono anni perchè le foreste maturino e sviluppino il loro potenziale. È vitale che (allo stesso tempo, ndr) proteggiamo le foreste esistenti, che perseguiamo altre soluzioni e che proseguiamo con l’eliminazione dei carburanti fossili dalle nostre economie per evitare pericolosi cambiamenti climatici”, ha dichiarato Crowther, presentando lo studio. “Se agiamo subito, potremmo tagliare la quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera del 25 per cento, ai livelli visti quasi un secolo fa”.
Crowther e colleghi non sono i primi ad aver considerato il potenziale degli alberi. All’inizio del 2019, 48 paesi avevano aderito alla Bonn Challenge, che mira a ripristinare 350 milioni di ettari di foresta entro il 2030. Tuttavia, spiegano i ricercatori nello studio, vi sono alcuni problemi in questo accordo, che lo rendono poco realistico. Il 43 per cento di questi paesi si sarebbe impegnato a ripristinare meno della metà dell’area che può sostenere nuove foreste mentre il 10 per cento a ripristinare un territorio considerevolmente maggiore di quanto possibile.
“Raggiungere obiettivi ambiziosi di ripristino appare improbabile, tuttavia, senza linee guida e strumenti pratici, allineamento istituzionale, meccanismi di responsabilità e una solida base di prove”, concludono i ricercatori nel loro paper. “Il ripristino della foresta e del paesaggio è un approccio olistico; mira a bilanciare diversi tipi di coperture arboree per ottenere molteplici benefici, in base al contesto socio-ecologico locale e al coinvolgimento degli stakeholder. Questo approccio paesaggistico è fondamentale per raggiungere le scale globali necessarie per invertire gli effetti della deforestazione e del degrado del territorio”.
Nonostante l’azione dei governi sia essenziale per sfruttare questa opportunità, questa è una soluzione che riguarda tutti.
Tuttavia , non si deve aspettare l’azione dei governi, i singoli possono e devono mettersi in gioco in prima persona e fare la differenza. Anzi, i cittadini possono, con le loro azioni, spingere i propri politici nella giusta direzione. “Nonostante l’azione dei governi sia essenziale per sfruttare questa opportunità, questa è una soluzione che riguarda tutti e con la quale tutti possiamo avere un impatto tangibile. Ciascuno può piantare e coltivare alberi, può finanziarie progetti di restauro delle foreste o anche solo investire il proprio denaro responsabilmente in imprese che si impegnano contro il climate change”, sostiene ancora Crowther.
Il laboratorio svizzero ha messo a disposizione sul sito una mappa che permette ai visitatori di guardare a ogni punto sul Pianeta, identificare le aree per la restaurazione e capire quali siano specie native. Inoltre il sito offre anche una lista di organizzazioni che si occupano di restauro delle foreste, come International Tree Foundation o We Forest, da conoscere e finanziarie. Vi sono infatti in corso diversi progetti indipendenti di ripristino delle foreste in tutto il mondo, sia guidati da grandi organizzazioni sia lanciati da singoli. Come Felix Finkbeiner, giovane tedesco che un paio di anni fa si è guadagnato le copertine di tutti i giornali con la sua iniziativa Plant for the planet (a confermare che i giovani sono in prima linea su questo fronte). Secondo il contatore presente sul sito del progetto, a oggi grazie al programma di Felix sono stati piantati 1000 miliardi di alberi.