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Materia oscura: uno spettro si aggira per l’universo


Faccio simulazioni di universi con un computer. Universi digitali che hanno diversi punti di partenza e sono costituiti da quantità diverse di diversi tipi di materia. Poi confronto questi universi con il nostro per capire di cosa è fatto e come si è evoluto”. Risa Wechsler – direttore del Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology e professore di fisica alla Stanford University – come racconta in una TED Talk, combina i suoi modelli di universo con la mappatura di decine di miliardi di galassie apparse negli ultimi 13 miliardi di anni, cioè dal fatidico Big Bang fino a oggi.

Da questo perturbante lavoro di archeologia e geografia cosmica è arrivata un’enorme quantità di informazioni sul nostro universo, spesso estremamente preziose. Ma la scoperta più sorprendente del processo di modellizzazione e misurazione del cielo è che la maggior parte dell’universo è fatta da una materia invisibile, diversa da quella che compone i nostri corpi, le stelle e i pianeti: la cosiddetta “materia oscura”

Una materia dedotta
La storia della “materia oscura” inizia negli anni ‘30, quando l’astronomo svizzero Fritz Zwicky notò che le galassie che si trovano verso il bordo dell’ammasso Coma stavano ruotando più velocemente intorno al centro dell’ammasso rispetto a quanto avrebbero dovuto fare in base alla quantità di materia visibile. Ma l’idea di materia oscura si è affermata definitivamente dagli anni ‘70 in poi, grazie al lavoro dell’astronoma americana Vera Rubin, che l’ha dimostrata attraverso un effetto costante nelle galassie a spirale. Le stelle ai bordi di una galassia a spirale dovrebbero viaggiare molto più lentamente di quelle vicine al centro, dove è concentrata la materia visibile di una galassia, ma le osservazioni mostrano che le stelle orbitano più o meno alla stessa velocità indipendentemente da dove si trovano: questo riscontro sconcertante ha senso soltanto se si presume che le stelle di confine avvertano gli effetti gravitazionali di una massa invisibile, la materia oscura appunto.

Con i nostri telescopi siamo in grado di osservare più o meno il 15 per cento  della massa totale dell’universo. Tutto il resto è materia virtualmente invisibile che non assorbe, riflette o emette luce, e non è rilevabile attraverso le onde radio o le microonde. La Wechsler ricorre a una metafora molto suggestiva per provare a rendere l’idea: “È un po’ come se volessimo mappare la superficie del nostro pianeta usando l’immagine della Terra vista di notte dallo spazio. Ottieni alcuni indizi in base a dove si trova la luce, ma ce ne sono molti che non riesci a vedere, dalle persone alle catene montuose. E devi dedurre cosa c’è da questi indizi limitati. Noi questa materia invisibile la chiamiamo ‘materia oscura’”.

Per capire la “necessità” della materia oscura il modo migliore è tornare al primo momento dell’universo, solo una frazione di secondo dopo il Big Bang. In quel primissimo attimo l’universo si espande così in fretta che la materia creata non può essere distrutta. È verosimile pensare che tutto sia comparso in questa fase: materia oscura e materia “standard”.

È un po’ come se volessimo mappare la superficie del nostro pianeta usando l’immagine della Terra vista di notte dallo spazio.

Spostando le lancette un po’ più avanti (circa 400.000 anni rispetto alla creazione della materia), dopo la formazione di protoni e neutroni e dell’idrogeno, troviamo l’universo caldo, denso ed estremamente uniforme, ma non del tutto. Grazie al telescopio spaziale Planck, gli scienziati sono stati in grado di visualizzare la temperatura dell’universo primordiale in tutte le direzioni: alcuni posti erano po’ più caldi e più densi di altri, in altre parole era presente più massa. Anche se l’universo si stava espandendo, diventando nel complesso meno denso nel corso degli ultimi 13,8 miliardi di anni, la gravità lavorava nei punti a maggior massa attirandone in quelle regioni una quantità sempre maggiore.

Col tempo in quei punti si raggiunge una massa tale che l’idrogeno, all’inizio mescolato con la materia oscura, comincia a separarsi, si raffredda, forma le stelle e dà vita a piccole galassie. Nel corso del tempo, per miliardi e miliardi di anni, quelle piccole galassie si scontrano tra loro, si fondono, crescendo fino a diventare galassie più grandi, come è accaduto per la nostra Via Lattea. Ora, se non presumessimo l’esistenza della materia oscura, quei punti non arriverebbero mai alla massa necessaria per avviare il processo di formazione delle galassie perché la forza gravitazionale da sola non basterebbe a tenerle insieme.

Di cosa è fatta la materia oscura
Ma cos’è veramente la massa invisibile che permea l’intero universo? Su questo punto gli scienziati hanno davvero poche certezze. Ovviamente sono state fatte varie ipotesi sulla natura di questa materia misteriosa e inafferrabile. La maggior parte dei fisici pensa che sia costituita da particelle supersimmetriche, non molto diverse dalle particelle subatomiche che conosciamo, come i protoni, i neutroni e gli elettroni. Qualunque cosa sia, comunque, ha un comportamento simile alla materia “normale”, ma la attraversa come se non fosse lì e in più, come dicevamo, non emette né assorbe la luce.

Uno dei modi per venire a capo della questione è piuttosto intuitivo… cercare e trovare la materia oscura. Ma non è facile come ci si aspetterebbe in presenza della “cosa” più diffusa dell’intero universo e i tentativi per ora non hanno prodotto i risultati sperati. Rivelatori posizionati in profonde miniere sotterranee (per schermare l’effetto di altre particelle cosmiche), in attesa che un “pezzettino” di materia oscura, che è in grado di attraversare sia noi che la Terra, colpisca un materiale più denso lasciando qualche traccia del suo passaggio. Speciali telescopi a raggi gamma puntati verso il cielo nell’ipotesi che particelle di materia oscura si scontrino l’una con l’altra creando luce ad alta energia. Oppure i tentativi di creare materia oscura direttamente qui, sulla Terra, usando il Large Hadron Collider del CERN che fa deliberatamente collidere particelle diverse nella speranza che qualcosa accada. Finora però nessuna traccia della fantasmatica presenza che abita ogni angolo del nostro universo.

La troveremo davvero e scopriremo di cosa si tratta? Non ne ho idea. Ma sarà molto divertente provarci …

E se poi non esistesse?
Una svolta affascinante al mistero della materia oscura potrebbe venire da uno studio pubblicato da poco sull’Astrophysical Journal in cui un team di ricercatori europei ha simulato un universo senza materia oscura. Seguendo una teoria alternativa conosciuta come MOdified Newtonian Dynamics (MOND), nel modello le galassie erano in realtà molto simili a quelle che vediamo oggi senza la necessità di includere nella simulazione la presenza di materia oscura.

La MOND (a oggi non ancora dimostrata) è stata proposta inizialmente dal fisico israeliano Mordehai Milgrom (da cui l’altro nome di “gravità milgromiana”). In pratica, l’attrazione tra due masse obbedirebbe alle regole della gravitazione universale di Newton… ma solo fino a un certo punto. Alle accelerazioni più basse, come nel caso delle galassie, l’influenza della gravità diventerebbe considerevolmente più forte. In sostanza, l’attrazione di un corpo dipenderebbe non solo dalla sua massa, ma anche dal fatto che altri oggetti si trovino nelle vicinanze. Il che fornirebbe una possibile spiegazione al fatto che le galassie si tengano assieme nonostante la loro velocità di rotazione.

Un mistero promettente
Nel prossimo futuro è previsto l’invio nello spazio di un certo numero di osservatori di nuova generazione che potrebbero aiutare a risolvere l’enigma, tra gli altri il James Webb Space Telescope (JWST) e la missione Euclid dell’ESA, ma la sfida non si annuncia facile.

La materia oscura è ancora un enorme mistero. Abbiamo prove davvero chiare della sua esistenza, dalla scala delle più piccole galassie a quella dell’intero universo. La troveremo davvero e scopriremo di cosa si tratta? Non ne ho idea. Ma sarà molto divertente provarci … La ricerca della materia oscura potrebbe alla fine essere solo la chiave per una comprensione completamente nuova della fisica e del nostro posto nell’universo”, è l’epilogo da manuale della scienza con cui Risa Wechsler chiude la sua TED.