Ci sono storie e leggende di secoli fa che si trascinano fino ad oggi. La cultura italiana ne è intrisa e forse anche per questo alcuni paesini conservano un fascino tutto loro. In Sardegna, il borgo di Lollove ne è la prova vivente, un villaggio di case in pietra a struttura medioevale dove il tempo pare essersi fermato.
Lollove si trova vicino a Nuoro, tra le montagne e un bosco di querce secolari che fanno da cornice, abitato oggi da sole 13 persone. L’isolamento e la non contaminazione della modernità hanno mantenuto il borgo puro fino ai giorni nostri. In tempi recenti una nuova generazione di lollovesi sta tornando con l’intento di farlo tornare alla sua gloria antica.
Uno di questi è Roberto Chessa che ha creato i “Custodi del tempo”, un museo nato raccogliendo tutti gli oggetti trovati nelle proprietà abbandonate della sua famiglia.“Lollove è un borgo molto antico”, spiega Roberto a BBC Reel, “è nato ancor prima del Medioevo, l’isolamento l’ha mantenuto puro fino ad oggi. Dove in altri posti questi oggetti sono scomparsi da molto tempo a Lollove ci sono ancora perché venivano ancora utilizzati fino a poco tempo fa”.
Tante sono le case sparse, alcune poco più che pietre, dove non vive più nessuno, teatro di giochi e avventure durante l’infanzia dei piccoli lollovesi. Una volta all’interno del borgo sorgeva un monastero, un convento dove vivevano delle suore che entrarono in contatto con i pastori della zona e si conobbero.
La leggenda narra che le suore furono poi scomunicate dalla Chiesa e lasciarono il paesino, lanciando una maledizione: «Lollove as a esser chei s’abba è su mare: no as a crescher nen parescher mai!» (Lollove sarai come l’acqua del mare: non crescerai e non morirai mai!). Tutte le leggende hanno un fondo di verità, ma in questo caso il fondo di verità non è ancora stato scoperto. I documenti sono scarsi, non esiste una prova scritta delle suore che vissero nel villaggio e se ne andarono.
Agli abitanti e a chi ha potuto visitare Lollove piace pensare che la maledizione sia vera perché scorrendo le poche tracce esistenti, soprattutto guardando le tasse feudali, si evince che Lollove effettivamente fino all’Ottocento non è mai scomparsa e non si è nemmeno estesa: tutti i registri dove per questioni fiscali vengono inserite le famiglie documentano che ha sempre avuto tra i trenta e i quaranta nuclei famigliari.
“Le maledizioni non esistono, le maledizioni ce le creiamo noi”.
Ma le leggende e le maledizioni, per essere tali, vanno tramandate di generazione in generazione, custodite e ricordate. A Lollove, è Salvatora Boredda Gusai la memoria storica. Salvatora parla solo dialetto e ha rifiutato di mostrarsi nel video. La maledizione di Lollove è stata tramandata dagli anziani, “dalla mia nonna, che diceva che c’erano delle suore, anche se non le conosceva, ne aveva solo sentito parlare. Qualcosa poi accadde tra i frati o i pastori e quando le suore se ne andarono si dice che si girarono, si fecero il segno della croce con la loro mano sinistra e dissero: Lollove, piccola Lollove, tu morirai sempre piccola!”, racconta Salvatora.
Ma di paesi come Lollove l’Italia è piena: ce ne sono più di cinquemila che potrebbero scomparire nei prossimi dieci anni perché gli ultimi abitanti sono anziani e con la loro fine potrebbe coincidere quella dei villaggi ai quali sono rimasti attaccati per così tanto tempo. E con loro tutte le tradizioni, le usanze, le storie e le leggende.
Per frenare questa tendenza negli ultimi anni è partita a macchia d’olio l’iniziativa delle case vendute a un euro per incentivare il ripopolamento e fermare l’abbandono, una chiamata rivolta soprattutto ai giovani. Quello che si perderebbe non sono tanto le abitazioni quanto l’atmosfera e la storia che le contraddistingue.
Sarebbe interessante utilizzare queste tradizioni particolari per fare crescere il turismo, ovvero rendere fruibili gli usi e i costumi facendoli diventare esperienze e non prodotti da vendere. Un turismo sostenibile, distante dall’idea classica di vacanza, che non si basi sull’economia della vendita di prodotti, la frequentazione dei ristoranti o gli acquisti nei negozi di souvenir ma sull’esperienza di visitare un paesino unico, sospeso nel tempo e a rischio d’estinzione.
Di questa idea è Simone Ciferni, fondatore di Lollovers, che grazie all’aiuto degli abitanti rimasti sta cercando di rilanciare Lollove e farla diventare una meta digital detox. Secondo Simone sono molti infatti quelli che cercano mete vacanziere dove veramente staccare la spina davvero e stare lontani dalla tecnologia e dalla frenesia che spesso accompagna la vita in una grande città. “Non sei in una grande città ma a Lollove dove vivono 13 persone che conoscono il tuo nome e ti chiamano per nome per prendere un caffè. Sono valori importanti nella vita di oggi”, spiega Simone.
“Ci sono studi”, prosegue, “che mostrano che dopo solo 48 ore senza lo smartphone e senza essere connessi i nostri corpi inizino già a trarne beneficio, facendoci sentire percezioni che non eravamo più in grado di avvertire durante la vita di tutti i giorni, per via della solita routine”. E Lollove è il posto perfetto per prendersi del tempo, respirare aria buona, rallentare. Con buona pace (o magari sfruttando) della maledizione del borgo.
“Le maledizioni non esistono”, sostiene Salvatore Gusai, che è recentemente tornato a vivere a Lollove, “le maledizioni ce le creiamo noi”.
Guarda qui il video di Bbc Reel.