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Lupita Nyong’o: “Siamo tutte pantere nere!”


È forse paradossale, ma a Lupita Nyong’o – la giovane e bellissima attrice e modella figlia di un ambasciatore del Kenya e solo incidentalmente nata in Messico – ai tempi di “12 anni schiavo”, il film che l’ha rivelata al grande pubblico e che nel 2013 le ha fruttato un Premio Oscar come Miglior attrice non protagonista, non venivano poste così tante domande impegnate quanto non succeda oggi, che è impegnata nella promozione di “Black Panther”, apparentemente un innocuo blockbuster sui supereroi. “Mi capita spesso di pensare che avrei bisogno di una laurea per rispondere alle domande che mi vengono fatte in questo periodo”, ha rivelato la Nyong’o durante una seguitissima puntata del “The Daily Show with Trevor Noah”, sull’emittente Comedy Central.

Diretto da Ryan Coogler e sceneggiato da Joe Robert Cole, “Black Panther” è interpretato da Chadwick Boseman, Michael B. Jordan, Lupita Nyong’o, Danai Gurira, Martin Freeman, Daniel Kaluuya, Letitia Wright, Winston Duke, Angela Bassett, Forest Whitaker e Andy Serkis e a oggi ha totalizzato quasi 800 milioni di dollari di incasso solo negli Stati Uniti (a fornte di un budget di produzione di circa 200 milioni). Ma Lupita, eletta Donna più bella del mondo nel 2014 dalla rivista “People” e tra le protagoniste del Calendario Pirelli nel 2017 e 2018, non è al suo primo film di successo: nel 2015 ha interpretato la pirata spaziale Maz Kanata nel film “Star Wars: Il risveglio della Forza”.

Creato da Stan Lee e Jack Kirby per la Marvel Comics nel 1966 (nessuna attinenza quindi con il movimento politico statunitense più o meno omonimo), il personaggio di Black Panther – nota a margine: i vecchi appassionati di comics qui in Italia lo hanno sempre conosciuto come Pantera Nera – viene sottoposto nel film di Coogler a un discreto restyling per adattarlo ai gusti del pubblico di oggi. La trama del film in breve è la seguente: alla morte del padre, il saggio re T’Chaka, ucciso da una bomba a Vienna durante la ratifica di un importante accordo di pace (scena vista nell’altro film Marvel “Captain America: Civil War”), il prinicipe T’Challa torna a casa per salire sul trono di Wakanda, un’immaginaria nazione nel continente africano, isolata ma tecnologicamente avanzata. Quando due pericolosi nemici cospirano per portare il regno alla distruzione, il giovane re raccoglierà anche un’altra eredità di suo padre: indossare gli artigli e il costume di Black Panther, protettore del popolo africano.

Me ne sono accorta sin da subito che c’era qualcosa di speciale in moto.

Durante il “The Daily Show with Trevor Noah” la Nyong’o si è detta piacevolmente sconvolta dal successo del film, non solo dal punto di vista commerciale ma anche in un certo senso sociale: “Per la prima volta ho visto persone che convincevano altre persone ad andare a vedere un film, si è creato una sorta di sforzo di comunità per supportarlo”. Tutto questo per un film – per quanto ben fatto, adrenalinico e spettacolare – di supereroi Marvel? Il punto-cardine è un fenomeno sociale abbastanza inedito in Europa ma radicatissimo nella cultura statunitense: l’orgoglio afroamericano. “Me ne sono accorta sin da subito, sin dal primo momento in cui il regista Ryan Coogler mi ha coinvolta nel progetto”, continua l’attrice, “che c’era qualcosa di speciale in moto. Un supereroe africano, un super-eroe potente, bellissimo, un ‘bad ass’ con tutte le donne che gli ronzano intorno! Eppure non si tratta di un film maschilista, perché anche i personaggi femminili sono numerosi e importanti: donne valorose, con forti personalità”. Tra queste senza dubbio proprio la Nakia interpretata da Lupita Nyong’o: membro delle Dora Milaje, guardia del corpo di T’Challa e sua ex fiamma amorosa (con tutte le tensioni sotterranee tra i due che ne derivano). “Beh, non è certo una storia d’amore media, Nakia mantiene la sua individualità come donna e come persona, ha una sua vita che va avanti indipendentemente da T’Challa. È una relazione tosta, moderna, una relazione afroamericana insomma”, ha chiosato la giovane attrice suscitando un boato di applausi nel pubblico in sala. “L’uomo è interessato alla donna, la supporta e rispetta in una relazione sana in cui si discute su tutto e si ascoltano le opinioni del partner”.

Il regno etno-ipertech di Wakanda – ogni fan dei fumetti Marvel che si rispetti lo sa – è isolato dal resto del mondo. Questo ha portato a diversità culturali profonde non solo dal punto di vista politico e tecnologico, ma anche estetico. Ecco spiegate le fantastiche acconciature di capelli dei protagonisti. La Nyong’o ci scherza su: “Treccine, extension, tinte: a Wakanda non ci sono afroamericani con i capelli lisciati, insomma!. Ma questo orgoglio afro che “Black Panther” simboleggia (e che è alla radice del suo enorme successo) non è contro, quanto piuttosto pro, è fierezza di una cultura ma senza denigrarne un’altra”.