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Dopo il virus, tra difficoltà economiche, lavoro e fiducia nella scienza


Non è certo facile fare previsioni su cosa ci aspetta dopo che ci saremo lasciati alle spalle la pandemia che ha paralizzato le nostre vite fin ora. Ma Chris Anderson, ex giornalista e curatore delle Ted Conference, e Fareed Zakaria, giornalista e autore americano, provano a delineare il futuro del mondo dopo il coronavirus in una delle Ted Connect, una serie di conversazioni quotidiane in streaming organizzate da Anderson con l’obiettivo di riflettere ed elaborare il momento presente.

Questa pandemia è più drammatica, globale e insolita di qualsiasi altra cosa abbiamo mai affrontato da molto tempo a questa parte”, spiega Zakaria durante il primo minuto di questa conversazione. E come dargli torto? Questa crisi ha colpito praticamente ogni Paese al mondo, con un impatto significativo e trasversale su tutti i settori della società. Proprio per questa sua complessità e quindi imprevedibilità, è necessario cercare di intuire le possibilità che ci si pareranno davanti nel prossimo futuro.

Innanzitutto abbiamo una crisi sanitaria, con una pandemia che si diffonde in tutto il mondo con conseguenze sconosciute, questo porta con sé anche una crisi economica che non possiamo chiamare recessione, ma è più corretto usare il termine grande paralisi, perché per la prima volta nella storia le più grandi economie mondiali sono completamente immobili”, continua il giornalista.

Questo stallo economico ha creato un ulteriore divario sociale che potrebbe rendere la ripartenza dell’economia più difficoltosa. È vero che molti lavoratori hanno la possibilità di digitalizzare il proprio lavoro continuando, in un modo o nell’altro, le proprie attività, attenuando così gli effetti negativi della crisi, ma sono anche molte le persone che non possono lavorare da casa e che continuano a lavorare in situazioni di rischio, molte che hanno perso l’impiego e altre ancora che lavorano/lavoravano in nero e ora non possono ricevere in alcun sostegno. Queste disparità avranno ripercussioni notevoli che si prolungheranno ben dopo la fine della pandemia.

È importante riconoscere il fatto che si sta creando un nuovo tipo di iniquità, tra economia digitale ed economia reale, tra knowledge workers e non-knowledge workers. Iniquità che crea un sistema dove i primi possono continuare a stare bene, mentre i secondi, che lavorano con le proprie mani no”.

Il settore che sembra essere colpito maggiormente, sia dalla pandemia sia da questo nuovo tipo di iniquità è il settore terziario, in particolare la ristorazione, i viaggi, il mondo dello spettacolo e dello sport. C’è la paura che le persone, anche dopo la fine del lockdown, non saranno così propense a frequentare luoghi come ristoranti o teatri. In primo luogo perché questa crisi lascerà profonde cicatrici nel tessuto sociale, disincentivando l’aggregazione e, in secondo luogo perché moltissimi avranno imparato e preso l’abitudine ad affidarsi ai servizi online come la consegna a domicilio di cibi pronti o della spesa.

Si sta creando un nuovo tipo di iniquità, tra economia digitale ed economia reale, tra knowledge workers e non-knowledge workers.

Tuttavia Zakaria è positivo riguardo alla ripresa economica generale, e ci tiene a tranquillizzare coloro che credono che il settore terziario sia destinato a scomparire. “È possibile tornare a una sorta di normalità anche per settori come la ristorazione, i viaggi, lo spettacolo e lo sport, la cui ripresa potrebbe richiedere un po’ più di tempo”. Il giornalista americano continua dicendo che è auspicabile che noi tutti ci ricordassimo le lezioni delle crisi passate, “se l’influenza spagnola, che ha avuto moltissime vittime in più rispetto a questa pandemia, non ha distrutto questi settori, non credo che lo farà il coronavirus

Sempre parlando di economia e lavoro, l’emergenza ha portato l’attenzione anche su quei lavoratori a cui prima non eravamo soliti pensare. Parliamo ad esempio dei rider che portano pasti caldi nelle nostre case, che consegnano la spesa o altri oggetti utili per sopravvivere a chi non può muoversi per nessuna ragione da casa. Per molte persone questi lavoratori, oggi, sono quasi degli eroi, “ma è possibile che questo pensiero sopravviva anche dopo la fine della crisi?” chiede Chris Anderson, “daremo priorità e meriti economici alle persone che riteniamo siano fondamentali per la società?”.

Secondo Zakaria questo è il compito dei media: il loro ruolo è quello di incentivare il dibattito pubblico verso facendo in modo che le persone non dimentichino le lezioni imparate durante questi mesi, mantenendo vivo il ricordo ed evidenziando le priorità emerse, come quella della comunità e dell’agire tutti insieme per un bene comune. “Dobbiamo ricordare a tutti, che dobbiamo stare uniti”, conclude.

È possibile immaginare che negli anni a venire le persone prestino maggiore attenzione quando la comunità scientifica cerca di avvisarci che qualcosa di grosso sta per succedere?

Le lezioni da tenere a mente anche dopo la fine dell’emergenza sono molte, e sono tutte importanti. Tra le più significative c’è quella che si deve aver fiducia nella comunità scientifica e nei suoi metodi, nella competenza più che nelle parole. Un principio che era andato perduti negli ultimi anni. In queste settimane, invece, la necessità di avere delle risposte affidabili ha accantonato per un momento la diffidenza e il rancore verso la comunità scientifica.

Sarà una lezione duratura? “È possibile immaginare che negli anni a venire le persone prestino maggiore attenzione quando la comunità scientifica cerca di avvisarci che qualcosa di grosso sta per succedere?”, chiede verso la fine della conversazione Chris Anderson. Sarebbe bello credere di sì, conclude Zakaria: “Quello che stiamo capendo, in una situazione come questa, è che abbiamo bisogno di esperti. E quello che spero è che iniziando a credere ora nella scienza, anche quando si riparlerà di cambiamento climatico ci ricorderemo della lezione che abbiamo imparato”.

Esperti come Devi Sridhar, professoressa e presidente della Global Public Health presso l’università di Edimburgo che, in un’intervista a Times Higher Educational, spiega: “La comunicazione è metà della battaglia per mantenere le persone al sicuro”. E lei ci si è dedicata parecchio, mettendosi a disposizione per interviste e dialoghi che rispondessero alle tantissime domande dei cittadini preoccupati per la propria salute e quella dei propri cari.

Fortunatamente oggi sono le persone stesse a chiedere chiarezza, precisione e, soprattutto, competenza. Sono moltissimi gli scienziati e gli esperti epidemiologi oggi ad essere sotto i riflettori. Rispondono alle domande dei cittadini e cercano di smascherare le fake-news. Si sta consolidando un rapporto di fiducia che fonda le sue basi sulla correttezza scientifica e l’empatia reciproca. La comunità scientifica sta comunicando molto bene con il resto della popolazione e questo fa sperare in un rapporto lungo e duraturo.