Pochi giorni fa, il 18 ottobre 2019, Christina Koch e Jessica Meir sono entrate nella storia come le due donne astronaute ad aver portato a termine la prima passeggiata spaziale (Eva in gergo spaziale, dall’inglese Extra Vehicular Activity) “tutta femminile”. Eppure nel festeggiare questo traguardo – senza nulla togliere a queste due donne straordinarie – c’è una nota stonata, un retrogusto amaro che resta in bocca: possibile che si debba festeggiare come straordinario questo evento solo perché erano due donne le sue protagoniste? Verrà un giorno in cui non si baderà più al genere di chi fa qualcosa?
In alcuni campi, bisogna dirlo, si è arrivati a questo o si è sulla buona strada. Nell’esplorazione spaziale ancora no, anche se c’è chi, come MiMi Aung, ingegnere spaziale alla Nasa, lo vede come un traguardo più che raggiungibile… Tanto quanto andare su Marte. E di Marte lei se ne dovrebbe intendere: è infatti la project manager del Mars Helicopter, un leggerissimo elicottero che potrebbe diventare il primo velivolo umano a volare su un altro Pianeta..
“Il ruolo delle donne nell’esplorazione spaziale dovrebbe essere uguale (a quello degli uomini, ndr). Uomini e donne uniti che cercano risposta alle grande domande, esplorando insieme lo spazio”, racconta MiMi alla BBC.
L’esplorazione dell’Universo intorno a noi è cominciata con il lancio dello Sputnik nel 1957; il primo essere umano nello Spazio è stato Juri Gagarin, nel 1961; la prima Eva è quella di Alexei Leonov nel 1965, durante la missione Voskhod 2. Dal 1961 a oggi 565 persone sono andate nello spazio e solo 63 erano donne: la prima è stata la cosmonauta sovietica Valentina Tereshkova nel 1963.
La prima Eva compiuta da una donna è stata quella della cosmonauta Svetlana Savitskaya, nel 1984. Da allora alla passeggiata di Koch e Meir, ci sono voluti altri 35 anni per riuscire non solo ad avere due donne in contemporanea nella Stazione Spaziale Internazionale ma a decidere di affidare a loro due una missione extraveicolare. E l’evento è giudicato “straordinario”, “storico”: un qualcosa a cui non si prevede di assistere molto spesso.
È corretto dunque affermare che l’esplorazione umana dello spazio sia ancora un dominio prevalentemente maschile. Eppure le donne, anche se presenti in numero inferiore nella ricerca e nell’industria aerospaziale, hanno sempre dato un contributo fondamentale all’esplorazione spaziale.
Per immaginare il futuro, per essere innovativi, per abbracciare davvero le sfide che abbiamo davanti, abbiamo bisogno del talento delle donne.
Da Katherine Coleman Goble Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson (che hanno ispirato la storia raccontata nel film “Il diritto di contare”) a Margaret Heafield Hamilton (responsabile del gruppo che ha sviluppato il sofware di bordo dell’Apollo 11), fino alle centinaia di donne ingegnere, fisiche, informatiche e artiste anche che lavorano nella agenzie spaziali di tutto il mondo, incluse le tantissime partecipanti alla missione della Nasa verso Marte, proprio come MiMi Aung. Una donna, poi, Simonetta Di Pippo, è direttrice dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico.
Anche dal lato dell’esplorazione vera e propria sono stati fatti enormi progressi, ogni agenzia ha almeno una donna tra le fila dei suoi astronauti (noi abbiamo AstroSamantha, Samantha Cristoforetti) ed è sempre più comune vedere una donna tra gli equipaggi della Stazione Spaziale. A dire il vero, riporta National Geographic, le donne sarebbero potenzialmente più adatte per i viaggi nello spazio degli uomini. Questo per quattro motivi fondamentali: sono più piccole e pesano meno, soffrono meno di alcuni effetti che l’assenza di gravità ha sul corpo umano, hanno alcuni tratti caratteriali innati più adatti per le missioni di lunga durata e sono fondamentali per colonizzare (nel senso di popolare con nuovi esseri umani) un nuovo mondo.
Un giorno gli esseri umani arriveranno su Marte e lo esploreranno, e io semplicemente vedo lì delle donne tanto quanto degli uomini.
C’è ancora, tuttavia, un blocco culturale che tiene lontane le ragazze dal perseguire una carriera nello spazio. Proprio per eliminare questo blocco e convincere le ragazze che possono anche loro sognare di diventare astronauti diverse agenzie hanno dei dipartimenti dedicati alla diversità e vi sono sempre più organizzazioni ed eventi internazionali dedicati a promuovere lo studio della scienza e della tecnologia tra le donne.
“Per immaginare il futuro, per essere innovativi, per abbracciare davvero le sfide che abbiamo davanti, abbiamo bisogno del talento delle donne. E per questo dovremmo attirare più donne verso carriere nelle discipline scientifiche e tecnologiche. In particolare alle carriere legate allo spazio”, ha detto lo scorso anno Ersilia Vaudo, Chief Diversity Officer dell’Agenzia Spaziale Europea, al Simposio UNISpace +50, organizzato dall’Unooosa.
“Un giorno gli esseri umani arriveranno su Marte e lo esploreranno, e io semplicemente vedo lì delle donne tanto quanto degli uomini”, MiMi Aung ne è certa.