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Photo by Colin Bowern / CC BY

Cosa vuol dire essere un padre nel terzo millennio?


Siamo una generazione di figli tossici: la nostra droga è il desiderio. Un desiderio insaziabile di sensazioni più forti, di emozioni più intense, di sfide più complesse e mete più lontane. Nel nostro giardino dell’Eden, scegliamo ogni giorno di cogliere la mela. E ne paghiamo le conseguenze.

La domanda è, perché? Ha provato a rispondere Massimo Recalcati, psicanalista e docente all’Università di Pavia, in una puntata del suo programma “Lessico famigliare” (in onda il lunedì sera su Rai 3) dedicata alla figura del padre. Secondo Recalcati, infatti, questa delirante ricerca avrebbe origine dalla dissoluzione della funzione paterna. Da quel fenomeno che lo psichiatra e filosofo francese Jacques Lacan definì “l’evaporazione del padre”.

In un’ottica psicanalitica, il padre è il simbolo della legge. Nello specifico, della legge che sta alla base di qualsiasi convivenza sociale: quella che vieta l’incesto. Non in termini di desiderio sessuale, del figlio che vuole accoppiarsi con la madre e viceversa. L’incesto, spiega lo psicanalista, in questo caso deve essere interpretato come “la spinta dell’essere umano a realizzare un godimento che non conosce limite, a godere di tutto, avere tutto, sapere tutto, essere tutto”.

Di fronte a questo impulso, il padre è colui che deve dire ‘no, non puoi’. “Egli è simbolo della legge, e in quanto tale custodisce il senso del limite”. Una funzione fondamentale per la formazione del figlio, da cui dipendono la sua futura felicità e realizzazione. Per essere vissuto, infatti, il desiderio ha bisogno di regole, di contorni, di limiti appunto. “Lo sanno bene i bambini, per giocare una partita è prima necessario tracciare le righe del campo”.

Il padre è il simbolo della legge, e in quanto tale custodisce il senso del limite.

La legge del padre, quindi, non è avversa al desiderio. Al contrario, lo supporta. Ma questo meccanismo, sottolinea Recalcati, sembra essersi inceppato negli ultimi decenni: “Sembra che nel nostro tempo questa alleanza fondamentale, di cui il padre è il simbolo, si sia interrotta”.

Il XX secolo, infatti, ha segnato il declino dell’autorità paterna: si pensi ai totalitarismi, alla rivoluzione culturale del ’68, al progressivo indebolimento delle convinzioni religiose. “Il cielo sopra le nostre teste è vuoto: non c’è nessun Dio, nessun padre che ci possa salvare”.

Questa condizione, secondo lo psicanalista milanese, avrebbe dato vita a una generale esperienza di smarrimento: i padri hanno smesso di essere guide e sono finiti a farsi guidare dai propri figli (in una paradossale inversione dei ruoli). Parlano come loro, si vestono come loro, giocano con i loro stessi giochi. Sono angosciati dalla possibilità di non essere sufficientemente amati e, di conseguenza, assecondano tutte le loro richieste. Non sono più, dunque, custodi di quel senso del limite che permetteva di vivere il desiderio.

Se un padre incarna il ‘no’, incarna lo spigolo duro del ‘no’, la sua immagine diventa meno amabile agli occhi dei figli. Se invece dice sempre di ‘sì’ (…) è costretto a rincorrere il riconoscimento del figlio”, spiega. “Non è più il figlio che vuole essere riconosciuto dal padre come un soggetto di valore, ma il contrario”.

I figli hanno bisogno di respirare l’ossigeno del desiderio

In quest’epoca di smarrimento, quindi, cosa resta della figura paterna? Recalcati risponde prendendo ad esempio il romanzo “La strada” di Cormac McCarthy, in cui un padre protegge il figlio dagli orrori di un mondo apocalittico – devastato e senza regole – dimostrando attraverso la sua umanità che la vita vale la pena di essere vissuta. Che nonostante tutto, si deve resistere alla tentazione di suicidarsi.

È questo ciò che resta del padre: la sua testimonianza.Non il padre che spiega il senso della vita, ma quello che mostra, attraverso la sua vita, che questa può avere un senso”. Un padre testimone, che non incarna l’autorità, non impugna la frusta o il bastone, ma che attraverso i suoi gesti dimostra al figlio che nella vita può esserci spazio per la felicità. “I figli”, sottolinea Recalcati, “hanno bisogno di respirare l’ossigeno del desiderio”. Un desiderio che abbia dei limiti, valorizzato dall’esperienza del sacrificio e della rinuncia.

Non dev’essere per forza il padre di sangue”, conclude lo psicanalista. Quella paterna è una funzione simbolica, che può essere svolta anche da figure diverse. “Può essere un insegnante, un allenatore…”. L’importante è che sia in grado, attraverso l’atto della sua testimonianza, di unire la legge al desiderio, rendendo quest’ultimo tangibile, raggiungibile.

L’alternativa è una rincorsa senza fine alla soddisfazione di una fame insaziabile. Un “desiderio senza legge” che, come direbbe Pier Paolo Pasolini, altro non è che un “desiderio di morte”.

Qui la puntata integrale di Lessico Familiare, dedicata alla figura paterna.