×
Photo by Fred Romero / CC BY

Civiltà: siamo sicuri di sapere cosa vuol dire?


Nel dibattito pubblico c’è una parola che ricorre spesso: civiltà. È un concetto dato per scontato, ma appena ci si fa un po’ caso si vede che ognuno ha una sua idea su quale sia il significato di questa parola. Tale è la confusione su cosa voglia dire “civiltà” che qualcuno la invoca per giustificare l’accoglienza verso i migranti e qualcun’altro per sostenere il mottoprima gli italiani”.

Un’indeterminatezza imbarazzante per una parola che troviamo tutti i giorni tra le nostre letture. E che non è passata inosservata.  Allo scorso Salone del Libro di Torino si è tenuto un incontro, organizzato dal Festival della Comunicazione, proprio per discutere su quali siano i confini di questa parola. Vi hanno preso parte Alessandro Barbero, professore ordinario di Storia Medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale a Vercelli, e Maurizio Ferraris, professore ordinario di filosofia teoretica presso l’Università degli Studi di Torino.

Barbero evidenzia per primo come il concetto sia sfuggente: “Civiltà è una delle tante parole che noi usiamo come se fosse ovvio cosa vuole dire. Se ci fermiamo a interrogarci sui modi in cui questa parola può essere usata ci accorgiamo che bisogna stare attenti. Intanto la parola ‘civiltà’ è una parola recente. Si comincia a usarla nel momento in cui l’occidente parte alla scoperta e alla conquista del mondo, all’inizio dell’età moderna. (…) È una parola che nasce per descrivere un senso di supremazia dell’occidente e faremo bene quando la usiamo e a interrogarci su cosa vogliamo dire esattamente”.

L’uomo allo stato di natura non basta, non è sufficiente a se stesso.

Ferraris propone, invece, una definizione da filosofo su cosa sia la civiltà. “L’elemento comune che hanno tutte le definizioni di civiltà è che l’uomo allo stato di natura non basta, non è sufficiente a se stesso. Qualcosa che non è toccato dalla tecnica e dalla cultura è qualcosa che non è propriamente umano. Pensate al famoso indovinello di Edipo: qual è l’essere che alla mattina cammina con quattro zampe, poi con due e poi alla sera con tre? La risposta ovviamente è l’uomo. Questo è interessante perché introduce un elemento tecnico, il bastone, nella definizione dell’umano. Da notare che in latino un uomo senza bastone è definito ‘imbaculum’ da cui viene la parola italiana imbecille”.

Trovo bellissimo per illustrare il concetto di civiltà l’inizio del film 2001: Odissea nello spazio. Ci sono tutti questi scimmioni uguali tranne uno che a un certo punto pensa di poter capitalizzare l’uso del bastone, cioè prende un osso e inizia a spaccare la testa ai colleghi. Dopo di che tira in alto in giubilo il bastone che si trasforma in un’astronave. La domanda ‘Cos’è la civiltà?’ si potrebbe quindi trasformare in ‘Che cosa si può fare con un bastone?’”, prosegue il filosofo.

Sebbene definire cosa sia esattamente la civiltà non sia facile, ognuno sembra avere un’opinione se la civiltà alla quale appartiene sia buona o buona o cattiva, o se la propria civiltà stia migliorando o peggiorando. Questa è una questione che accompagna da sempre l’uomo.

Per secoli l’umanità ha pensato che ci sia stata un’epoca in cui tutto andava bene. Noi invece pensiamo di essere migliorati con il tempo.

Nel passato l’idea largamente diffusa era quella che la civiltà fosse in declino e che i tempi d’oro fossero ormai alle spalle.Per millenni gli umani hanno fatto questo ragionamento: il mondo fa schifo, gli esseri umani sono dei bruti, si vive malissimo, ci sono da ogni parte delitti, corruzione, violenza e così via: ci deve essere un motivo, evidentemente siamo peggiorati. Poi questa cosa può assumere varie forme”, racconta Barbero.

Nella cultura classica”, prosegue, “c’è il mito dell’età dell’oro che pensava che tanto tempo fa gli esseri umani fossero prefetti, vivessero bene, non ci fosse la proprietà privata e non si litigasse per alcun motivo. Gli ebrei crearono il paradiso terrestre. Per secoli l’umanità ha pensato che ci sia stata un’epoca in cui tutto andava bene. Noi invece pensiamo di essere migliorati con il tempo. Poi siccome il mondo in cui viviamo non ci piace lo stesso pensiamo che dovremo ancora migliorare parecchio, però di certo la prospettiva si è invertita del tutto”.

Stiamo parlando dell’idea di progresso che tiene insieme le nostre società con la promessa che le cose con il tempo miglioreranno. Come tutti i concetti che riguardano la nozione di civiltà anche quello di progresso è scivoloso. Il professor Ferraris ha fatto notare che ,seppure in linea di principio tutti auspichino che le cose vadano migliorando, esiste comunque un’opinione diffusa secondo la quale giorno per giorno la nostra civiltà starebbe peggiorando.

Nel futuro sicuramente succederanno delle brutte cose ma non quelle che si aspettiamo.

Se uno oggi prende un giornale ne ricava che stiamo malissimo, andiamo sempre peggio, [assediati] da neo liberismo, turbo-capitale, Europa, etc. C’è un continuo tornare all’idea che l’epoca precedente fosse migliore. [Ci sono molte] evidenze che ci danno la prova che l’umanità è in cammino verso il meglio ma la percezione è che l’umanità sta decadendo”.

A livello generale si può dire che diversamente da quanto accadeva in passato, oggi pensiamo che in futuro la civiltà si perfezionerà e che il meglio non sia alle nostre spalle come pensavano gli antichi. Questa visione, tuttavia,“non rende conto della malmostosità media umana, che si vede in particolar modo nella diffidenza nei confronti della tecnologia, che è invece il simbolo stesso della civiltà”.

L’idea di precarietà e la paura che le cose possano peggiorare è un dato insito nel pensiero umano che trascende anche il concetto stesso di civiltà e che arriva a condizionarlo alla radice.  “L’essere umano vede le cose che non vanno molto prima di quelle che funzionano”, evidenzia Barbero.“L’uomo è insoddisfatto di natura e dà la colpa ai politici, a quelli che comandano, agli altri. Lo fa per molti motivi ma soprattutto perché è angosciato da quello che c’è dietro l’angolo. Cosa c’è nel futuro? È impossibile saperlo e questo è uno dei motivi della nostra angoscia esistenziale. Per concludere uno storico può dire solo una cosa, molto rassicurante: nel futuro sicuramente succederanno delle brutte cose ma non quelle che si aspettiamo”.