Le città sono il nodo dove tutte le grandi questioni del nostro tempo sembrano intrecciarsi. I problemi legati alle diseguaglianze economiche e sociali, l’impatto del cambiamento climatico, i nuovi equilibri lavorativi e politici e da ultimo anche gli effetti di una pandemia: tutti i grandi problemi che l’umanità si trova ad affrontare passano per le città, e sembrano essere da esse ingigantiti e accelerati. In fin dei conti non dovrebbe stupire, se si pensa che oggi il 55 per cento della popolazione mondiale vive in aree urbane ed entro il 2050 si stima che il 68 per cento dell’umanità vivrà in una città.
Le città non sono però solo il punto dove tutti i problemi emergono. Sono anche il luogo dove possono essere elaborate le soluzioni e le strategie per porvi rimedio, grazie all’incredibile rete di competenze e abilità che le città riescono a creare.
Questa è l’opinione di Vishaan Chakrabarti, professore di architettura all’Università della California – Berkeley e fondatore del prestigioso studio di architettura e urbanistica Pau (Practice for Architecture and Urbanism), a New York. Chakrabarti è convinto che l’attuale situazione di stallo che molte metropoli stanno vivendo sia un momento unico per ripensare le città e renderle dei posti più equi e vivibili.
Per creare la città del futuro “abbiamo bisogno di una nuova narrazione fatta di generosità, non austerità. Penso che dobbiamo focalizzarci su ciò che è equo, sostenibile e raggiungibile”, ha detto in una recente Ted Talk di cui è stato ospite. “Se vogliamo creare un’agenda per rimodellare le aree urbane avremo bisogno di tre componenti: una sanità e una politica edilizia eque (e possiamo discutere a lungo di quanto siano collegate), una mobilità urbana sostenibile, in particolare per le connessioni che ha con il cambiamento climatico, e infine l’idea di un libero accesso alle risorse sociali e culturali”.
Per quanto riguarda le politiche dell’edilizia, Chakrabarti ha notato che “se il lavoro da remoto diventerà prevalente potremmo assistere in molte città a un calo della domanda di spazi per gli uffici. Se questo accadrà ci saranno molti edifici un tempo adibiti a uffici che potranno essere convertiti in edifici di edilizia popolare”. Va considerato che ora “la maggior parte delle persone che vive nelle città spende più di un terzo dei suoi guadagni in spese per la casa: abbiamo bisogno di interventi pubblici attivi per risolvere questo problema”.
Un’altra questione che ha attirato l’attenzione di Chakrabarti è quella della mobilità cittadina e del ruolo delle automobili private nel funzionamento (e nelle disfunzioni) di una grande città (ne ha parlato anche in un approfondito articolo sul The New York Times). “La gran parte delle città ha più di un terzo della superficie occupata da strade. E per lo più queste strade sono usate da veicoli privati. Dobbiamo ripensare completamente questo equilibrio, nello spirito dell’equità e dell’ecologia”.
Quando avremo un vaccino o una cura per la Covid-19, vogliamo veramente tornare indietro alle città di prima?
Secondo Chakrabati, “dobbiamo usare questi spazi per bus rapidi. Anche camminare ed andare in bici si sono rivelati ottimi mezzi di trasporto durante l’epidemia. Tutto questo porta a un miglioramento nell’aspetto ecologico e nelle connessioni tra persone e questo è possibile solo se si smettono di usare le strade solo per le macchine. Il problema qui non è tecnologico: è un problema di spazio. Guardate quanto spazio una persona in una macchina occupa rispetto a un ciclista o a un pedone – e non importa se la macchina è autonoma o elettrica: occupa semplicemente troppo spazio”.
Queste sono tutte proposte su cui è difficile dissentire. Il problema è che per metterle in pratica si deve intervenire su equilibri consolidati nel tempo e su abitudini molto difficili da cambiare, come dimostrano ad esempio le immancabili proteste che in Italia accompagnano ogni minima discussione sulle limitazioni del traffico nei centri urbani.
Anche Chakrabarti è consapevole di queste difficoltà, ma pensa che il momento attuale sia unico per poter pensare a delle modifiche più ambiziose e coraggiose al modo in cui viviamo le città. “Ora viviamo in un momento in cui dobbiamo far leva sul vuoto. Per la prima volta (in questi mesi di pandemia) le grandi città non sono congestionate dal traffico. Ora è il momento di chiederci: quando avremo un vaccino o una cura per la Covid-19, vogliamo veramente tornare indietro alle città di prima? Penso che la maggioranza direbbe di no. Sappiamo che camminare, andare in bici, usare bus a basse emissioni sono un modo efficace per muovere le persone all’interno di una città. Dobbiamo prendere questo breve momento in cui c’è meno traffico e meno emissioni e provare a farne un dono per il mondo che verrà”