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E se lo studio del cervello aprisse un pericoloso vaso di Pandora?


Sei milioni di anni fa la linea evolutiva dei grandi primati subì un’improvvisa spaccatura che portò alla creazione di un’altra linea evolutiva separata, la nostra. Non è un segreto infatti che i nostri “cugini” più vicini siano lo scimpanzé e il bonobo. Tuttavia, nonostante questa vicinanza, il nostro cervello e quello dei nostri “parenti” è molto diverso. Il cervello umano, infatti, contiene dagli ottanta ai cento miliardi di neuroni. Tre volte di più dello scimpanzé.

In termini di potenza di calcolo, il cervello umano supera di gran lunga quello di ogni altro animale. È quello che ci rende speciali, ma ancora non capiamo come si sviluppi”, spiega al Finacial Times Madeline Lancaster, ricercatrice britannica del Medical Research Council a Cambridge (UK). A lungo gli scienziati hanno cercato di comprendere a cosa sia dovuta questa differenza tanto marcata, ma finora gli strumenti a disposizione si sono rivelati insufficienti.

Tuttavia, come spiega Lancaster, “negli ultimi dieci anni c’è stata una vera e propria rivoluzione in questo campo”. Grazie all’impiego di cellule staminali infatti, è stato possibile creare in laboratorio dei veri e propri cervelli umani in miniatura. Un salto in avanti che ha permesso ai ricercatori di studiare la complessità del cervello in una maniera completamente nuova. Il nome più tecnico di questi mini cervelli, che la stessa Madeline Lancaster studia nel suo laboratorio, è organoidi cerebrali. Questi sono colture di cellule che si sono sviluppate in maniera sufficiente da formare tessuti cerebrali: versioni più piccole e semplici di un cervello umano, che non sono in grado di crescere oltre i 6 millimetri a causa della mancanza di rifornimento di sangue e quindi dei nutrienti necessari.

Le cellule staminali “hanno questa incredibile capacità di svilupparsi in ogni tessuto del corpo umano, compresi i tessuti cerebrali”, spiega sempre  Lancaster. Ma per far sì che queste ultime si sviluppino e creino un agglomerato di cellule che forma un piccolo cervello umano è necessario che crescano in un ambiente favorevole. Questo non è altro che un particolare gel che permette alle cellule di crescere in maniera tridimensionale emulando i tessuti che circondano un cervello in via di sviluppo.

Questo nuovo metodo di studio, apre un oceano di possibilità ai neuroscienziati. “Abbiamo la possibilità di metterci le mani (su questi organoidi, ndr) e studiarli in una maniera completamente nuova. Possiamo prenderne dei campioni, confrontare i mini cervelli in base al loro stato di sviluppo, ma siamo anche in grado di studiare come le cellule staminali diano vita ai neuroni”, conclude la ricercatrice.

Se l’obiettivo degli studi di Madeline Lancaster è capire perché il nostro cervello è così speciale rispetto a quello degli altri esseri del regno animale, altri scienziati stanno indagando quali meccanismi permettano il notevole sviluppo del cervello umano. Per esempio i ricercatori dell’Istituto Max Planck di antropologia evolutiva di Lipsia che, in  uno studio condotto su organoidi cerebrali e recentemente pubblicato su Nature, hanno scoperto che uno dei fattori più importanti sta nel tempo di sviluppo.

Confrontando in vari punti, in un lasso di tempo di quattro mesi, organoidi cerebrali ottenuti a partire da cellule staminali umane, di scimpanzé e di macaco, i ricercatori hanno scoperto che il ritmo di crescita è molto diverso per i primi. Lo sviluppo del cervello umano è più lento rispetto a quello degli altri due animali. Ed è proprio questa la differenza chiave: questa lentezza permette ai nostri neuroni di espandersi maggiormente originando nuovi neuroni e nuove connessioni che portano il cervello umano a ingrandirsi maggiormente.

In termini di potenza di calcolo, il cervello umano supera di gran lunga quello di ogni altro animale.

A fare da contraltare alle enormi possibilità di studio rappresentate dagli organoidi cerebrali, vi sono tuttavia diverse questioni di natura etica che possono sorgere man mano che lo studio di questi mini cervelli prosegue. Per esempio, alcuni studiosi sono preoccupati che i mini-cervelli possano sviluppare una sorta di coscienza.

Non sappiamo veramente se sia possibile o meno, ma nel corso di alcuni studi è stato scoperto che questi orgnaoidi sarebbero in grado di produrre onde cerebrali molto simili a quelle dei neonati prematuri e che alcuni di essi sviluppano delle reti neuronali capaci di rispondere agli stimoli della luce.

Inoltre, questi mini-cervelli, in alcuni casi, riescono a collegarsi agli organi e ai recettori di un corpo animale. Questo significa che esiste una possibilità concreta che l’organoide comunichi direttamente con il corpo dell’animale e, attraverso quest’ultimo, raccolga ed elabori informazioni dal mondo esterno. Forse un giorno potranno persino comunicare attraverso dispositivi digitali.

Non è chiaro a che livello di complessità possa arrivare questa “coscienza”, ma una delle paure più grandi dei ricercatori è che gli organoidi sviluppino il senso del dolore e della sofferenza. E dato che spesso sono trapiantati all’interno di corpi animali possano sentirsi intrappolati.

La paura di un super-cervello biologico è ora molto più grande nella mia mente…

C’è poi un altro dilemma a cui i ricercatori vorrebbero poter  rispondere. Dato che i mini cervelli potrebbero potenzialmente crescere all’infinito se tenuti sempre all’interno di un ambiente favorevole, esiste la possibilità che si sviluppino maggiormente rispetto al cervello umano?

In un articolo pubblicato su The Conversation, il ricercatore di neuroscienza cognitiva Guillaume Thierry esprime la sua preoccupazione. “Quando ero adolescente, avevo spesso sogni spaventosi del mondo che veniva conquistato da una gigantesca rete di computer. La cosa mi preoccupa ancora oggi, e in parte è diventato realtà. Ma la paura di un super-cervello biologico è ora molto più grande nella mia mente (…). Un tale nuovo organismo non dovrebbe preoccuparsi del fatto che il suo corpo invecchi e muoia, perché non avrebbe un corpo”.

Quello che ci vuole dire Guillame Thierry è che bisogna rimanere vigili. Non abbiamo la minima idea di come i mini-cervelli potranno evolversi nel prossimo futuro. E se potranno formulare pensieri o immagazzinare ricordi, allo stato attuale, non saremmo in grado di capire quali sono questi pensieri e quindi le intenzioni dell’organoide.