Fisici e ingegneri non sono gli unici che possono sognare un lavoro alla Nasa. Non ci sono, per esempio, solo tipi alla Sheldon Cooper e Leonard Hofstader – i protagonisti della serie The Big Bang Theory – in forza al Jet Propulsion Laboratory (Jpl) di Pasadena, in California. Nei corridoi di quel tempio dell’esplorazione spaziale si trovano anche giovani artisti che giocano con realtà virtuale e realtà aumentata per consentire agli scienziati di fare meglio il proprio lavoro. Come fa Sasha Samochina, Immersive Visualization Producer proprio al Jpl.
“Il Jpl è il centro della Nasa che si concentra sulle missioni robotiche”, spiega Sasha in un’intervista a Douglas Caballero, host del Facebook Live Streaming dell’edizione 2018 del festival South by South-West (Sxsw) da poco conclusosi ad Austin, in Texas. Tra i vari centri della Nasa, dunque, il Jet Propulsion Lab è quello che si occupa di lander o rover, come Opportunity o Curiosity, i due rover all’esplorazione di Marte. Non è certo il posto, per lo meno secondo Caballero, dove ci si aspetterebbe di trovare una diplomata dello School of the Art Institute di Chicago
“Il percorso (per arrivare alla Nasa, ndr) è stato interessante (…) il mio primo lavoro è stato al Museo Field di Storia Naturale di Chicago dove realizzavo soprattutto animazioni. A un certo punto mi sono resa conto che le mie animazioni erano realmente utili a salvare un pezzo di foresta amazzonica, perché aiutavano uno dei programmi del Field dedicati alla conservazione ambientale. Così mi sono trovata in una situazione in cui una cosa così piccola che facevo era utile a realizzarne una tanto grande”, racconta. “Da allora in poi sono stata ossessionata dalla comunicazione scientifica”.
Non serve essere ingegneri o scienziati per lavorare alla Nasa
Da allora e per tutta la sua carriera, Sasha ha lavorato nel mondo della divulgazione della scienza, che si trattasse di piccoi lavori di design e sviluppo, o di video editing nel tempio di Hollywood. Fino a quando, finalmente, una posizione si è aperta nell’ufficio comunicazione del Jpl e “io ho colto l’occasione al volo. Quella è stata la mia prima posizione, poi ho ottenuto il mio lavoro attuale”, ricorda. Oggi Sasha Samochina crea strumenti per aiutare gli scienziati a fare il loro lavoro adoperando tecnologie di realtà virtuale, realtà aumentata e mixed reality. Poi, prende questi strumenti e crea anche incredibili esperienze per il grande pubblico come “AccessMars”, che è un’esperienza di realtà virtuale per il web che consente di andare a spasso su Marte, attraverso i luoghi visitati dal rover Curiosity nei passati cinque anni.
Quest’esperienza virtuale però, racconta Sasha, non nasce apposta per raccontare Marte. Dietro ad AccessMars c’è un software chiamato OnSight, che Samochina e il suo team hanno sviluppato per i geologi ed ingegneri del Jpl che avevano bisogno di studiare la superficie del Pianeta Rosso. Combinando i dati di Curiosity e del Mars Orbiter sono stati in grado di ricostruire il terreno di Marte e permettere agli scienziati di studiare le diverse formazioni rocciose incontrate dal rover nel suo vagabondare. “Indossano il loro headset e possono collaborare su Marte (…) scienziati in Francia possono incontrare scienziati di Pasadina su Marte”. La versione per il grande pubblico è accessibile anche senza headset e permette di esplorare solo quattro siti sul Pianeta Rosso, più l’attuale posizione di Curiosity.
Come detto, infatti, lo scopo del gruppo di lavoro di Samochina è soprattutto quello di aiutare gli ingegneri che lavorano al Jpl. Un altro strumento che hanno messo a punto con questo obiettivo è chiamato ProtoSpace: un software che permette agli ingegneri di disegnare, costruire, manipolare i loro rover e altri dispositivi in realtà virtuale prima ancora di costruirne anche solo un pezzettino.
“Nel 2020 ci sarà una nuova missione della Nasa su Marte e ci sarà un nuovo rover da mandare sul pianeta. I nostri scienziati stanno lavorando su un modello (virtuale, ndr) del rover e, grazie a questo strumento di visualizzazione, risolvono eventuali problemi prima ancora che emergano. Per esempio, possono vedere se gli strumenti previsti a bordo entrano dove dovrebbero (…) tutto in dimensioni reali”.
In un futuro più o meno prossimo poi, l’artista collaborerà con gli scienziati del Jpl a lavoro su di una missione diretta verso Europa, il satellite di Giove. O magari racconterà della quelli impegnati con la Parker Solar Probe, una sonda che arriverà al Sole sulla quale è possibile far scrivere il proprio nome e mandarlo verso la nostra stella, o renderà possibile perfezionare Insight, un’altra missione su Marte che invierà un lander a studiare come si è formato questo pianeta.
Il messaggio che però più ci tiene a trasmettere Sasha Samochina in questa sua comparsa al Sxsw non riguarda però una specifica missione o un progetto particolare: “Non serve essere ingegneri o scienziati per lavorare alla Nasa. Puoi essere un artista e lavorare alla Nasa, perchè sei interessato a queste storie e sei curioso e hai voglia di conoscere e approfondire questi argomenti. Voglio veramente diffondere questo concetto. Soprattutto ai bambini”.
Qui il video dell’intervista.