Il loro obiettivo era salvaguardare gli albatri dai pescherecci. Invece i ricercatori del Centro per gli Studi Biologici di Chizé dell’Università della Rochelle, in Francia, hanno trasformato questi animali in vere e proprie sentinelle degli oceani contro la pesca di frodo.
L’albatro urlatore è l’uccello marino più grande della Terra. Grazie al suo corpo aerodinamico e alla capacità di sfruttare i forti venti può percorrere migliaia di km in poche settimane: quando uno di loro va in cerca di cibo, ad esempio, è in grado di percorrere circa 5000 km in sole due settimane. In una vita un albatro percorre mediamente 8,5 milioni di km (che vuol dire più o meno circumnavigare il pianeta lungo l’equatore per oltre 660 volte).
Oggi gli albatri sono una specie in via di estinzione, e a mettere in grave pericolo questi animali ogni volta che si alzano in volo non sono solo le correnti e le avversità ambientali, ma anche l’uomo. Circa centomila esemplari, attirati dalle esche dei pescherecci, rimangono uccisi involontariamente ogni anno a causa della pesca con il palamito (attrezzo formato da una lunga e spessa lenza alla quale sono agganciati molti ami da pesca) o della pesca a strascico. Per ogni peschereccio in mezzo al mare muoiono due esemplari di albatro.
Negli ultimi anni, come spiega The Conversation, grazie a osservatori umani o dispositivi elettronici a bordo dei pescherecci che segnalano la presenza di albatri, le catture accessorie di questi animali sono molto diminuiti, ma non abbastanza. Vi sono ancora troppo decessi inspiegati. O meglio vi erano, perché qui entra in gioco la ricerca francese.
Per avere un quadro chiaro della situazione, delle rotte di questi uccelli e di cosa incontrassero lungo la strada e per raccogliere dati sugli ecosistemi marini di cui questi animali fanno parte, i ricercatori di Chizé avevano infatti pensato di adoperare gli albatri stessi come una sorta di “sentinelle degli oceani”. Si sono dunque recati al largo dell’isola francese di Kerguelen, a sud dell’oceano Indiano, vive una grossa comunità di albatri. Qui hanno equipaggiato 170 esemplari di albatro con dei trasmettitori composti da un GPS, un’antenna radar (capace di intercettare i radar Ais, Automatic Identification System, che consentono alle navi di rilevarsi a vicenda, prevenendo le collisioni) dei pescherecci), e un’antenna Argos che permette di inviare tutte queste informazioni al centro studi tramite satellite.
L’obiettivo era quello di mappare le zone di pesca all’interno e in prossimità dell’oceano Antartico, individuando i pescherecci attraverso i loro sistemi Ais per poi tracciarne le rotte ed avere un quadro completo su cui lavorare. Non si aspettavano tuttavia di raccogliere, insieme ai dati ambientali, anche prove e informazioni sulla diffusione su vasta scala della pesca di frodo nei mari australi.
Durante i sei mesi di raccolta dati, gli albatri hanno coperto circa 47 milioni di km quadrati. Incrociando i dati raccolti dagli uccelli marini, con quelli di una mappa globale in cui sono segnalate le zone di pesca e le navi registrate regolarmente, si è scoperto che un terzo delle imbarcazioni in acque territoriali francesi aveva spento il proprio sistema di rilevazione Ais. Quando un peschereccio disattiva questo sistema lo fa per non essere rilevato, quindi, con tutta probabilità, sta compiendo attività di pesca illegale. Ma queste navi hanno comunque bisogno di un radar per navigare, e i dispositivi applicati agli albatri rilevano anche quel tipo di onde.
Queste barche sono molto probabilmente responsabili, almeno in parte, degli alti tassi di catture accessorie di albatri e altri animali: è difficile credere che abbiano a bordo tecnologie dedicate a evitare questi incidenti. Tuttavia, oltre ad aver trovato questa spiegazione agli eccessivi decessi in mare, oltre ad aver rivelato l’esistenza e le dimensioni della pesca di frodo in queste acqua, la ricerca francese ha anche fornito un’arma in più per contrastare questa pratica illegale e pericolosa per le specie marine. Ora, infatti, quando uno di questi albatri incontra un peschereccio il cui sistema Ais è disattivato, l’antenna Argos invia in tempo reale la posizione dell’imbarcazione alle autorità marittime che possono intervenire tempestivamente.
Questo sistema può essere esportato in tutto il mondo creando una sorveglianza su vasta scala.
Secondo i ricercatori, un impiego su più ampia scala di questa rete di monitoraggio, potrebbe contribuire in maniera determinante sia alla lotta contro la pesca di frodo sia all’identificazione di aree ad alto rischio per la preservazione degli ecosistemi marini. “Questo sistema può essere adattato ad altre specie molto fragili e che muoiono in massa soprattutto a causa delle barche da pesca, come ad esempio le tartarughe”. Spiega Alexandre Corbeau, dottorando del centro studi biologici di Chizé, in un’intervista video a Le Parisien. “Saremmo così in grado di capire come interagiscono con le barche, i tipi di imbarcazione incontrati, e se queste compiano attività di pesca legale o illegale. Ma la cosa davvero interessante è che questo sistema può essere esportato in tutto il mondo creando una sorveglianza su vasta scala”.