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Vaccini e covid-19: il complotto dei complotti?


Sin dal 1798, quando il medico e naturalista britannico Edward Jenner effettuò le prime vaccinazioni anti-vaiolo (almeno in Europa, perché gli storici ci dicono che in Cina la pratica era conosciuta dal Cinquecento e che in Africa si effettuava a livello empirico-tradizionale da ancora prima), l’utilizzo dei vaccini si è diffuso sempre più. Ogni anno milioni di neonati e adulti vengono vaccinati, e in questo 2021 la cifra è davvero astronomica a causa della imponente campagna di vaccinazione contro il virus Sars-CoV-2 in atto in tutto il mondo.

L’evidenza scientifica dell’efficacia del meccanismo delle vaccinazioni è ormai assodata a livello planetario, eppure ancora oggi, dopo innumerevoli prese di posizione ufficiali, appelli di luminari, servizi sui mass-media, smentite categoriche, una vasta comunità di persone in buona fede ritiene che alcuni vaccini ‒ o tutti i vaccini, oppure una quantità troppo elevata di vaccini somministrati in contemporanea – possano causare importanti effetti collaterali (e persino la morte) oppure, nei neonati, una sorta di overreaction che in alcuni casi porta all’insorgenza di patologie gravissime o disturbi dello sviluppo.

Una minoranza di queste persone ritiene poi che questo non avvenga a causa di una falla nel sistema di sperimentazione o controllo dei vaccini, che si tratti cioè di un “danno collaterale” di una pratica medica condotta con troppa leggerezza (magari per interessi economici), ma che il danno causato con i vaccini sia voluto, sia cioè parte di una strategia politica e sociale, di un vero e proprio complotto.

Il movimento che si è sviluppato negli ultimi anni in opposizione alla pratica delle vaccinazioni di massa non è però un fenomeno nuovo. Il canale YouTube Vox ha dedicato alle origini del movimento anti-vaccinazioni un breve documentario.

Sin dai primi anni dell’Ottocento in Inghilterra e in Germania furono molti a prendere apertamente posizione contro quella innovativa pratica clinica. Ci fu chi lo fece per motivi religiosi (impedire l’insorgenza di malattie “modificando” il corpo pareva contrario alla volontà divina e profondamente innaturale), motivi filosofici (inoculare sostanze di derivazione animale nel corpo umano pareva un’aberrazione) e politici (la vaccinazione, peggio ancora se obbligatoria, era una violazione della libertà personale che lo Stato non aveva il diritto di imporre). Non si trattava di un dibattito riservato agli addetti ai lavori, si badi bene: nel 1885 a Leicester ci fu una grande manifestazione “no vax” con oltre 80.000 partecipanti.

Andrea Kitta della East Carolina University sottolinea: “Il movimento antivaccinista da secoli esprime preoccupazioni simili sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini ma anche sul controllo del governo, nonché obiezioni religiose e filosofiche e convinzioni che i vaccini sono qualcosa di innaturale. Due temi comuni sono che i vaccini effettivamente danneggiano il ricevente – con conseguenti risultati peggiori rispetto a lasciare che la malattia progredisca senza impedimenti – e che gli ingredienti siano in qualche modo sospetti”.

Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofia, nel 1917 addirittura profetizzò che i vaccini, in un lontano futuro, sarebbero diventati uno strumento di controllo delle masse.  Sosteneva infatti che le malattie, in particolare quelle esantematiche, sono il modo in cui i bambini si affrancano, “purgandosi” dal modello corporeo ereditato alla nascita: una vera e propria emancipazione dal bagaglio genetico che secondo Steiner avverrebbe anche attraverso l’espulsione dei denti da latte. Subendo le vaccinazioni, invece, secondo Steiner il bambino verrebbe privato di queste importanti occasioni di maturazione personale, indebolendosi nel corpo e nello spirito. Questo processo porterebbe alla lunga alla selezione di una razza di uomini simili ad automi, e secondo il filosofo ed esoterista austriaco sarebbe proprio questo l’obiettivo occulto dei governi con le loro vaccinazioni di massa.

Il movimento antivaccinista da secoli esprime preoccupazioni simili sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini ma anche sul controllo del governo, nonché obiezioni religiose e filosofiche e convinzioni che i vaccini sono qualcosa di innaturale.

Nella seconda metà del Novecento a diffondersi in larghissime fette di pubblico è soprattutto il fenomeno della cosiddetta vaccine hesitancy, cioè della riluttanza a vaccinarsi o soprattutto a vaccinare i propri figli nel timore che le autorità sanitarie nascondano o sottovalutino il pericolo di effetti collaterali delle vaccinazioni per un mero interesse economico. Cardine assoluto è la vicenda dell’allarme sulla correlazione tra vaccino Mmr (acronimo da Measles, Mumps e Rubella, cioè morbillo, orecchioni e rosolia in inglese) e autismo, che ha avuto un’eco immensa (e che merita una trattazione a parte).

A nulla sono valse smentite, sentenze di tribunale, la scoperta di scandali e conflitti d’interessi alla base della teoria (ve ne abbiamo parlato qui): si tratta di cose che – nonostante vengano considerate da molti assolutamente chiarificatrici, risolutive e tranquillizzanti – non hanno alcun effetto su di una certa parte dell’opinione pubblica. Perché la lettura che costoro fanno del tema vaccinazione (come di molti altri) è eminentemente politica. Si è sedimentata cioè in loro una visione della vaccinazione che è perfettamente sintetizzata da questa frase di Ginger Rose, che su Healthline racconta la sua infanzia in una famiglia no vax statunitense: “Molte famiglie nella nostra comunità rurale hanno scelto di non vaccinare i figli. E lo hanno fatto perché non si fidavano delle autorità che ci dicevano che avremmo dovuto. Credevano che la medicina moderna, insieme a gran parte della vita pubblica ‘normale’, fosse corrotta da un sacco di soldi. Mia madre mi diceva che i vaccini contenevano tutti i peggiori tipi di tossine e molti non erano stati testati a fondo. Era particolarmente preoccupata per il mercurio. Big Pharma stava sperimentando su di noi e guadagnando miliardi nel processo”.

Le persone con questo stile di pensiero (prese di mira con la consueta verve politically uncorrect dalla serie animata South Park nel suo divertente  “South ParQ Vaccination Special”) tendono a credere che “il governo” (da qualsiasi forza politica sia composto), le aziende e altri potenti “enti” non sempre visibili e noti cospirino per influenzare un’ampia gamma di eventi sociali e politici nel mondo che ci circonda. Non necessariamente credono a una particolare teoria del complotto, tendono a credere nelle teorie del complotto in generale, ovvero analizzano la realtà quotidiana con questo tipo di approccio e quindi non fanno altro che cercare conferma alle loro convinzioni in ogni notizia (o in ogni smentita di notizia), in ogni dichiarazione (o assenza di dichiarazioni), dando per scontato che se un evento apparentemente smentisce la loro visione delle cose è falso e manipolatorio, se invece la conferma è un segnale rivoluzionario e disvelante.

Matthew Hornsey dell’University of Queensland ha pubblicato sulla rivista Health Psychology uno studio che esamina la relazione tra convinzioni cospirative e atteggiamenti antivaccinisti in un campione globale. Spiega Hornsey: “Le persone spesso sviluppano atteggiamenti attraverso risposte emotive e viscerali. Il presentare prove ufficiali fa poca o nessuna differenza per coloro che hanno atteggiamenti antivaccinisti. Per molti teorici della cospirazione, i profitti ottenuti dalle grandi aziende farmaceutiche sono la prova evidente che il sistema è marcio e che la verità viene coperta da interessi acquisiti”. Ma come si può controbattere a una tesi del genere? “Cercare di modificare le convinzioni sulla cospirazione è notoriamente assai difficile”, ammette Hornsey. “Una possibilità alternativa è riconoscere la possibilità di cospirazioni, ma evidenziare come ci siano interessi acquisiti anche dall’altra parte; interessi acquisiti che sono motivati ​​a nascondere i benefici della vaccinazione e ad esagerare i loro pericoli”.

Le persone spesso sviluppano atteggiamenti attraverso risposte emotive e viscerali. Il presentare prove ufficiali fa poca o nessuna differenza per coloro che hanno atteggiamenti antivaccinisti.

Con la pandemia di covid-19 questo modello culturale ha raggiunto il suo apice, diventando quasi maggioritario sui social media. La diffusione a livello mondiale dell’epidemia e l’adozione da parte di molti Stati di misure restrittive con una strategia coordinata per i cospirazionisti è stata la prova incontrovertibile che un sinistro complotto mondiale è in atto. Ma quale complotto esattamente?

La “pistola fumante” sarebbe il discorso pronunciato dal principe Carlo d’Inghilterra al World Economic Forum (Wef) 2020. A guardarlo da fuori, il discorso è la solita fumosa dichiarazione d’intenti sull’importanza della cosiddetta Green Economy e sull’umanizzazione del capitalismo mondiale. Ma dopo un altro discorso, quello del premier canadese Justin Trudeau, una delle rising star della politica liberal internazionale, ha cominciato a diffondersi presso alcuni ambienti politici conservatori la convinzione che le forze progressiste mondiali e i loro interlocutori finanziari stiano pensando di “sfruttare” la pandemia per rimodellare l’economia e la società mondiale in chiave socialista ed ecologista, per “resettare” il pianeta secondo una visione rosso-verde.

Questo piano politico sarebbe denominato Big Reset. Nelle mani degli antivaccinisti questa cospirazione politica è diventata subito ancor più spaventosa: le élite finanziarie globali (a tirare le redini sarebbero ovviamente George Soros e Bill Gates) e molti leader politici mondiali (il già citato Trudeau, Xi Jinping, Joe Biden, Papa Francesco, Boris Johnson, Ursula Von del Leyen, Giuseppe Conte e ora Mario Draghi, Pedro Sànchez, Emmanuel Macron e altri) avrebbero pianificato – e non soltanto sfruttato – la pandemia, creando in laboratorio il virus Sars-CoV-2, un coronavirus “pericoloso ma non troppo” per determinare le condizioni sociali ed economiche che consentiranno una ristrutturazione dei governi mondiali, instaurando un regime totalitario marxista che presto abolirà la proprietà privata e i diritti umani, instaurerà una dittatura di polizia e imporrà la vaccinazione obbligatoria penalizzando (o addirittura imprigionando ed eliminando) gli antivaccinisti e gli oppositori.

I politici contrari a questo Big Reset sarebbero già stati fatti fuori con frodi elettorali e calunnie (Donald Trump) o si sarebbero piegati al “Nuovo Ordine Mondiale” in costruzione (Matteo Salvini, Angela Merkel e altri leader politici europei di Paesi minori). Attenzione, però: c’è anche chi crede che questa teoria del complotto sia a sua volta un complotto. E in molti puntano il dito contro la Russia di Vladimir Putin, che avrebbe implementato una gigantesca operazione di propaganda negativa diffondendo sui social network una quantità incredibile di materiale #novax e #antivax per minare la fiducia sia nel governo che nella scienza in Occidente. Siamo all’alba delle prime Guerre del Vaccino?

Le teorie del complotto sono spesso condivise tra le persone che non hanno – o sentono di non avere – potere sociale.

Jon D. Lee della Suffolk University crede che invece si tratti di un fenomeno culturale mondiale senza nessuna base concreta: “Ho trascorso la mia carriera di studioso della cultura popolare e del folklore analizzando i racconti delle malattie: le voci, le leggende, i pettegolezzi e le barzellette che circolano in modo informale durante epidemie e pandemie. Queste narrazioni vengono riciclate nei secoli da un’epidemia all’altra e mantengono alcune caratteristiche nel tempo, anche se i dettagli specifici variano per adattarsi a una nuova malattia o contesto, e incanalano le preoccupazioni contemporanee. Una domanda più profonda da farsi è perché queste narrazioni sulla malattia circolino. Una spiegazione è che le teorie del complotto sono spesso condivise tra le persone che non hanno – o sentono di non avere – potere sociale. In un’epoca di disuguaglianze come la nostra, la maggioranza delle persone rientra potenzialmente (o ritiene di rientrare) in questa categoria. Un’altra risposta, più generale, è che la quantità di tempo tra l’inizio di un’epidemia e il momento in cui la scienza può fornire spiegazioni chiare su di essa o sconfiggerla è tanta. Questo crea un vuoto di informazioni per un pubblico preoccupato, che richiede una risposta immediata. Questi vuoti sono facilmente colmati sia dall’individuo che si rivolge a racconti familiari di epidemie precedenti, sia da gruppi ideologicamente molto schierati che lavorano attivamente per promuovere le proprie narrazioni”.