×

Tante informazioni e nuove sfide. Come covid-19 ha rivoluzionato le biblioteche scientifiche


Immaginiamo un grattacielo di quasi venti piani, più o meno sessanta metri di altezza. Guardare giù, per chi soffre di vertigini, non è facile. E adesso proviamo a immaginare una pila di sessanta metri fatta di carta, servirebbero oltre sei milioni di fogli. Ecco, stampati e impilati uno sopra all’altro, gli articoli usciti su covid-19 pubblicati fino a oggi potrebbero produrre una colonna di carta alta sessanta metri. Si tratta di più di 750.000 documenti pubblicati, prodotti da circa 30.000 diverse istituzioni di quasi 200 nazioni (Reports.Dimensions.ai/covid-19).

Si tratta di una quantità di letteratura impossibile da gestire individualmente. Soprattutto non c’è rapporto tra il numero di documenti pubblicati e quelli che non si può fare a meno di conoscere. “Le persone non hanno il tempo di leggere interi articoli e capire qual è il valore aggiunto e il risultato finale, e quali sono i limiti”, diceva più di un anno fa alla rivista Science Kate Grabowski, epidemiologa che lavora nel settore delle malattie infettive alla Johns Hopkins University Bloomberg School of Public Health.

In quest’ottica a giocare un ruolo chiave fin dall’inizio della pandemia di covid-19 sono stati i bibliotecari e documentalisti scientifici. Il loro ruolo, infatti, va oltre la gestione degli abbonamenti e l’accesso alle risorse educative. Dovrebbero essere curatori di contenuti che mirano a fornire la migliore assistenza possibile ai professionisti sanitari, aiutando a tracciare il percorso verso un’assistenza sanitaria di livello.

Riorganizzare le biblioteche scientifiche

La diffusione di covid-19 è stata accompagnata dall’urgente necessità di avere accesso a informazioni affidabili in tutto il mondo: dalla replicazione e la genetica di SARS-CoV-2, all’identificazione delle popolazioni a rischio e la velocità di trasmissione, fino alle cure per la patologia. In risposta, i bibliotecari si sono trovati a indirizzare ricercatori, professionisti sanitari e cittadini verso informazioni di qualità man mano che venivano rilasciate. “Per supportare i clinici a un miglior orientamento affinché potessero arrivare alle informazioni perdendo meno tempo possibile, si è cercato di fornire una selezione di link e informazioni mirate e aggregate collaborando con associazioni e seguendo le attività di enti di riferimento”, racconta Silvia Molinari, responsabile dell’Ufficio formazione e della Biblioteca scientifica della Fondazione IRCCS Mondino di Pavia. Una strada seguita da diversi colleghi: “Abbiamo creato sul sito di Bibliosan una pagina in cui riportavamo i link a tutte le risorse che le varie istituzioni e gli editori mettevano a disposizione gratuitamente, dall’Organizzazione mondiale della sanità al Ministero della salute”, conferma Moreno Curti, responsabile del Servizio di documentazione e Biblioteca scientifica dell’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia e coordinatore del Sistema nazionale Bibliosan.

Oggi bisogna valutare la qualità, ma anche la quantità.

Risorse segnalate anche dalla Biblioteca medica virtuale Alessandro Liberati (Bal), costruita diversi anni fa dal Dipartimento di Epidemiologia, Servizio sanitario regionale del Lazio, Asl Roma 1, su indicazione della Direzione Regionale della sanità della Regione Lazio. “Già a poche settimane dalla dichiarazione dello stato di pandemia la biblioteca online aveva aperto due pagine dedicate al coronavirus rivolte agli operatori sanitari e ai cittadini”, dice Simona Vecchi, ricercatrice del Dipartimento di Epidemiologia e curatrice della risorsa. “La pagina rivolta ai professionisti sanitari è ancora online e contiene una selezione di fonti scientifiche aggiornate, autorevoli, ad accesso gratuito, utili a chi ha bisogno di dati e informazioni affidabili. Lo spazio dedicato ai cittadini cerca di rispondere alle principali domande e dubbi riguardanti la covid-19, i trattamenti efficaci e le precauzioni da adottare per proteggersi dal coronavirus”. Oltre alla sintesi critica di articoli pubblicati sulle più importanti riviste internazionali, la Bal ha organizzato diversi meeting online di discussione su temi di politica sanitaria legati all’emergenza sanitaria, gratuiti e aperti alla partecipazione di chiunque fosse stato interessato.

“Come Gidif – l’associazione dei documentalisti biomedici italiani – abbiamo cercato di monitorare quello che stava accadendo fin dall’inizio. A marzo dell’anno scorso la letteratura non aveva i numeri che ha oggi, quindi gli utenti avevano la necessità di capire quale tipologia di pubblicazione avesse una qualità e una robustezza dei dati alle spalle. Oggi bisogna valutare la qualità, ma anche la quantità. Anche noi abbiamo creato delle sezioni specifiche su covid-19 sul nostro sito ottenendo visualizzazioni elevate non solo dall’Italia ma da tutto il mondo. Questo dà il segno che la pandemia ha reso ancora più globale la necessità di condividere dati e articoli”, spiega Chiara Formigoni, documentalista membro del direttivo GIDIF-RBM, l’associazione dei documentalisti biomedici italiani.

L’esigenza di un aggiornamento costante da parte di alcuni specialisti ha indotto i servizi bibliotecari a produrre newsletter tematiche che sono diventate il punto di partenza di un servizio informativo. “Ogni settimana veniva inviata una newsletter con il riassunto di quello che avevamo pubblicato negli ultimi giorni”, ci racconta Vania Sabatini, responsabile del centro operativo di coordinamento del Network bibliotecario sanitario toscano. “Sul nostro portale offrivamo un commento di prima mano sulle ultime novità e in questo modo siamo passati da 1.000 a 10.000 visualizzazioni al giorno. Ai professionisti sanitari serviva trovare un compendio di quello che la letteratura in quel momento offriva perché loro non avevano tempo di farlo. Per noi ha significato più di dieci ore di lavoro al giorno, ma è stato bello perché avere una risposta così immediata ci ha gratificato”.

Tante informazioni, poco tempo

Chiara Bassi, documentalista scientifica presso la biblioteca medica Corradini della Ausl di Reggio Emilia, racconta che “durante le prime settimane dopo la segnalazione dei primi casi in Europa, diversi operatori dell’azienda sanitaria hanno iniziato ad organizzarsi creando piccole reti per la ricerca e la discussione della letteratura sulla covid-19. Tuttavia, dopo poco le richieste di articoli al servizio di documentazione sono radicalmente diminuite, probabilmente perché i professionisti che chiedevano riferimenti da studiare sono stati travolti dal lavoro in reparto. Da quel momento è iniziata, invece, una produzione di pubblicazioni per certi aspetti sorprendente: casistiche cliniche, articoli sulle relazioni tra la covid-19 e altre patologie specialistiche o sul trauma psicologico causato dalla malattia, anche a firma di chi non aveva prima di allora dimostrato una particolare familiarità con la produzione di letteratura scientifica. Se nel 2019 i dipendenti dell’azienda sanitaria avevano firmato 541 articoli indicizzati, alla fine del 2020 ne avranno scritti e pubblicati circa 650 e tutta la differenza è probabilmente dovuta alla covid-19”.

Ai professionisti sanitari serviva trovare un compendio di quello che la letteratura in quel momento offriva perché loro non avevano tempo di farlo.

Che i professionisti sanitari, travolti dal lavoro in reparto durante un’emergenza sanitaria di questa portata, si siano trovati con poco tempo a disposizione per consultare la letteratura lo conferma anche Loriana Maimone Ansaldo Patti, responsabile U.Org. Servizi bibliotecari di Polo e Centro di documentazione europea dell’Università degli studi di Messina. “Molto più spesso ci è capitato di essere consultati anche al di fuori dell’orario di lavoro. Raramente si trattava di interrogativi su covid-19, probabilmente perché tutte le risorse inerenti la pandemia sono state rese pubbliche”.

Anche per il fattore tempo, oltre alle fonti primarie, giocano un ruolo fondamentale nell’aggiornamento del medico le fonti di sintesi. Tra queste UpToDate®, la soluzione evidence-based di Wolters Kluwer, curata nei contenuti da oltre 7.300 medici autori, redattori e revisori che, in esito a un rigoroso processo editoriale, offrono una sintesi delle più recenti conoscenze in campo medico. “In questo periodo è stata fondamentale la presenza di point-of-care tool come UpToDate, che faceva sintesi di articoli di letteratura”, conferma Simona Vecchi.

Pubblicazioni in preprint e mancanza di qualità

C’è anche da dire che una parte consistente di questa montagna di documenti pubblicata dall’inizio della pandemia a oggi è rappresentata da preprint. Il preprint è una forma di condivisione di un documento di natura accademica (solitamente il resoconto di un’attività di ricerca) che precede la pubblicazione formale su una rivista indicizzata, subordinata al risultato di un percorso di valutazione critica. Il preprint non viene sottoposto a peer-review ed è condiviso direttamente dagli autori su una banca dati aperta e accessibile gratuitamente da qualsiasi utente.

“Ci sono state delle esperienze interessanti, da monitorare, e stiamo valutando professionalmente l’impatto che hanno avuto e avranno alcuni cambiamenti. Su tutti la pubblicazione dei preprint, una rivoluzione che non sappiamo oggi che tipo di sviluppo avrà e se si estenderà anche ad altri ambiti”, spiega Formigoni. “Il problema è che molti utenti non capiscono che è diverso trovarsi davanti un articolo revisionato, sottoposto a peer review, e un articolo ancora in preprint. Altra novità, meno significativa ma da tenere d’occhio, è rappresentata dalle banche dati che hanno preimpostato delle query su covid-19. Quelle su PubMed sono parecchio utilizzate, non sono particolarmente performanti, ma sono figlie della pandemia”.

Qualsiasi articolo pubblicato senza un processo di peer-review è per definizione meno affidabile e in un momento di emergenza come questo può essere avvenuto anche su riviste prestigiose.

In totale in questi due anni sono stati ritirati 190 articoli sulla covid-19 e su sette grava una expression of concern (il sito Retraction Watch garantisce un osservatorio permanente degli articoli problematici sulla covid-19  consultabile qui). Difficile dire se questi dati siano il segnale di una minore qualità della letteratura sulla covid-19 rispetto agli standard consueti, anche perché potrebbero invece essere il risultato di una maggiore vigilanza sull’attività di ricerca condotta sul virus e sulla sindemia che ha sconvolto il pianeta negli ultimi mesi. “La qualità della letteratura prodotta in questi mesi non è buona”, conferma Laura Amato, dirigente del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio, Asl Roma 1. “Spesso il numero di pazienti arruolati negli studi è limitato e questo è un elemento che non rassicura sull’affidabilità di quello che leggiamo. Inoltre, la maggior parte degli esiti considerati è sostenuta da prove di qualità molto bassa e questo significa che ulteriori studi potrebbero modificare sostanzialmente il risultato. Qualsiasi articolo pubblicato senza un processo di peer-review è per definizione meno affidabile e in un momento di emergenza come questo può essere avvenuto anche su riviste prestigiose”.

Mettere a disposizione la conoscenza

La condivisione aperta dei risultati delle ricerche è una premessa fondamentale per la costruzione di maggiori conoscenze sulla situazione emergenziale e una sempre più efficace gestione clinica dei pazienti. E non solo: anche per una migliore definizione della patologia, per lo sviluppo di metodi diagnostici, per la valutazione degli interventi di prevenzione, la messa a punto di nuovi interventi terapeutici. Per questo motivo diversi documentalisti scientifici hanno fatto pressione sugli editori per rendere immediatamente gratuita e disponibile la documentazione sulla covid-19: questo ha convinto riviste come il New England Journal of Medicine e il British Medical Journal e gruppi editoriali come Lancet e JAMA Network a costruire veri e propri hub di documentazione nei propri siti, liberamente accessibili. Ma l’open access alle evidenze riguardanti la pandemia non ha riguardato solo le fonti di informazione primaria. La casa editrice olandese Wolters Kluver ha deciso di rendere accessibili gratuitamente anche tutti i contenuti relativi al coronavirus pubblicati su UpToDate. Tra i contenuti accessibili gratuitamente, ad esempio, c’è anche la lista aggiornata delle linee guida in materia di covid-19 prodotte da diverse organizzazioni nazionali e internazionali.

C’è stata una grande collaborazione con gli editori che ha permesso di arrivare a fonti e informazioni alle quali normalmente si accede tramite contratto. Questa è stata non solo una cosa positiva, ma anche molto apprezzata”, afferma Molinari. “Abbiamo visto dai numeri di accesso che gli utenti hanno molto apprezzato i contenuti su covid-19 che ha messo a disposizione UpToDate. Ancora una volta si è vista l’importanza di strumenti come questi, che fanno un lavoro importante di aggiornamento dei contenuti di qualità”, conferma Vecchi. Loriana Maimone Ansaldo Patti, invece, racconta come questa scelta abbia portato l’università a voler provare lo strumento: “Abbiamo attivato il trial di UpToDate proprio durante la pandemia. Abbiamo notato che ha riscosso molto successo, soprattutto tra gli specializzandi”. “Credo che durante questa pandemia tutti si siano dati da fare: editori, bibliotecari, professionisti sanitari. Sarà interessante capire cosa succederà dopo, ma sicuramente da un punto di vista scientifico è un’esperienza nuova e una avventura interessante”, conclude Formigoni.

Si ringrazia Wolters Kluwer-UpToDate per aver favorito i contatti con documentalisti e bibliotecari.