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Oltre il tabù della sessualità nei luoghi della salute mentale


S. appoggia la testa al finestrino del bus, i capelli sporchi lasciano una traccia di grasso che brilla in controluce. Dietro il vetro l’autostazione di Napoli, praticamente deserta, scompare nel buio della notte. Ha deciso di istinto, come fa sempre, ed è andata di corsa a comprare un biglietto per chissaddove, un posto lontano qualsiasi. Quelli della comunità la staranno cercando, come fanno sempre. Nel bus non c’è nessuno a eccezione di un uomo sulla quarantina, già mezzo addormentato, un commerciante in partenza per qualche mercato della frutta o del pesce. S. si accorge della sua presenza solo quando sono ormai fuori città, lanciati in direzione dell’autostrada. Decide di andare a sedersi al suo fianco. Nel momento in cui lui si accorge della sua presenza, intontito dal sonno e dal freddo, lei gli fa segno con la mano destra di restare in silenzio. Con la sinistra, invece, inizia a slacciargli la cintura.

S. soffre di un grave disturbo di personalità. Figlia di una prostituta, crede che il sesso sia l’unica via di comunicazione a sua disposizione, l’unico biglietto da visita che può renderla desiderabile agli occhi degli altri. Anche per questo motivo, ogni volta che viene ricoverata finisce per scappare nel giro di pochi giorni, gettandosi tra le braccia di qualche sconosciuto. In comunità nessuno le impedisce di avere relazioni ma quando si trova lì ha sempre la sensazione di essere braccata.

“Il diritto alla sessualità è un diritto universale – spiega Silvia Ibertis, coordinatore d’area dei gruppi di appartamento “Le viole” della cooperativa sociale Progest di Torino – a prescindere dalla condizione in cui vive il soggetto, che sia un paziente psichiatrico o un anziano single. Le nostre strutture sono volutamente miste e l’età varia dai diciotto anni a finché la persona è viva e possiede l’autonomia necessaria per poter condurre, sostenuta dagli operatori, una vita dignitosa. Non c’è età per il diritto a vivere la propria sessualità ma ci sono i vincoli strutturali, talvolta le stanze sono doppie e quelle singole non hanno un letto matrimoniale. Questo non per scelta ma per un’abitudine culturale, a mio avviso discutibile”. 

Il desiderio sessuale nei servizi per la salute mentale

La questione della sessualità all’interno dei luoghi della salute mentale è un tema che ha sempre risentito di moralismi, pregiudizi e stereotipi. Fin dai tempi dei manicomi, all’interno dei quali quello alla sessualità era solo uno dei molti diritti di cui erano private le persone che vi vivevano recluse, e anche prima di allora. Persino oggi sopravvivono in alcuni contesti atteggiamenti limitanti in questo senso, con gli utenti di sesso maschile e femminile costretti a vivere segregati o assistiti da operatori che evitano qualsiasi discorso sulla sessualità. A prescindere dai pregiudizi, poi, persiste in alcune comunità, cooperative che si occupano di gruppi appartamento o reparti di psichiatria, la tendenza a considerare la sessualità come una sorta di fattore di rischio, un potenziale intralcio al processo terapeutico.

In molti casi, in effetti, la gestione di queste situazioni non è priva di difficoltà. “Parliamo di rapporti complessi, anche per quanto riguarda la sessualità”, spiega Tommaso Achille Poliseno, psichiatra, psicoterapeuta e responsabile di una comunità terapeutico-riabilitativa dell’Asl Roma 1. “Se esiste una grande architettura persecutoria, ad esempio, fidarsi dell’altro è quasi impossibile. Nel caso di un’architettura bipolare, invece, le oscillazioni dell’umore possono alterare tantissimo i rapporti: se si è depressi non si ha nessuna voglia di avere vicino qualcuno, mentre nelle fasi maniacali la sessualità può assumere dimensioni eccitatorie o compulsive aspecifiche, come pura scarica di tensione”.

Il diritto alla sessualità è un diritto universale.

Questo tuttavia non significa che la negazione del diritto alla sessualità sia il modo migliore per gestire queste complessità. “Noi con il paziente che lo richiede cerchiamo di raccogliere una serie di elementi durante i colloqui – racconta Ibertis –, si cerca di consigliare una vicinanza alla sessualità che tenga conto della prevenzione delle malattie, perché molti pazienti sono anche sieropositivi o fanno uso di sostanze e hanno contratto malattie trasmissibili, o non usano preservativi con il rischio di dover o voler interrompere gravidanze”. 

L’occasione della sessualità

Quella notte, nell’ultima fila di quel lurido autobus diretto chissà dove, S. finisce per avere un rapporto completo e non protetto con l’unico altro passeggero. E rimane incinta. Ma non si tratta, nel suo caso, di una gravidanza indesiderata: per lei l’idea di avere un figlio è l’unica motivazione che le dà la forza di andare avanti, l’ultimo obiettivo rimasto dopo una serie interminabile di fallimenti. Quella notte, grazie a quel commerciante infreddolito e senza nome, riesce a portarlo a termine. Quando se ne rende conto, tuttavia, S. è di nuovo ricoverata. La ritrovano in una fredda stazione nelle Marche, completamente disorientata e quasi in ipotermia. Nei mesi successivi la questione della sua gravidanza è ovviamente al centro del suo percorso assistenziale. Gli operatori della comunità in cui viene ricoverata, la stessa da cui era scappata qualche settimana prima, la aiutano ad affrontare la situazione in modo consapevole, a riflettere sulle reali conseguenze delle scelte che le si pongono di fronte.

“Non che in comunità non si vedano i lati oscuri di queste vicende – continua Poliseno – capita ad esempio che ci siano persone che durante la notte vadano nelle stanze altrui cercando approcci. C’è spesso una sessualità scompaginata. Quello che è fondamentale è la funzione genitoriale della comunità: se ne parla, si discute insieme. La vigilanza è su questo: è una vigilanza di carattere terapeutico, che è vicina alle persone, a come stanno, a quello che stanno vivendo”.

Nonostante la vicinanza degli operatori, tuttavia, il periodo successivo al ricovero è vissuto da S. in un continuo stato di conflitto. Nei colloqui con il personale e gli altri utenti alterna momenti di lucidità in cui si convince di non essere in grado di crescere un figlio ad altri in cui crede, nonostante tutto, di potercela fare. Alla fine, dopo un lungo e complicato percorso di riflessione e consapevolezza, decide di abortire. Una decisione che per quanto terribile e dolorosa finisce però per avere un effetto positivo sulla sua salute mentale. L’interruzione di gravidanza la obbliga a compiere un salto maturativo, a fare i conti con le conseguenze del suo comportamento e della sua sessualità. Nei mesi seguenti le crisi si riducono per numero e gravità e i ricoveri sono sempre più rari. Gli operatori non sono più costretti a vagare per le strade alla sua ricerca, non temono più che finisca nel giro della prostituzione o che si tolga la vita.

Quello che è fondamentale è la funzione genitoriale della comunità: se ne parla, si discute insieme.

Anche nelle situazioni in cui la sessualità può sembrare un elemento di pericolo, quindi, la possibilità di vivere liberamente l’incontro con l’altro, come ci spiega Poliseno, può trasformarsi in un’occasione di crescita personale. “Le tensioni del desiderio, del progetto, del partner, dell’aver conosciuto quanto sia benefica l’alterità è una questione mentale che aiuta tantissimo a vedersi anche nella propria diversità, nella propria identità. Insomma, entrare in gioco su questo, anche se si sta male, costituisce sempre una speranza”.

“Abbiamo sperimentato esperienze molto belle di vacanze tra pazienti fidanzati, non necessariamente con altri pazienti ma anche con persone che vivono all’interno del proprio nucleo familiare”, aggiunge Ibertis. “Esperienze molto positive che hanno dato alle persone la possibilità di sperimentare in modo continuativo la sessualità e la dimensione quotidiana di coppia. Io rimango dell’idea che sarebbe interessante sperimentare delle situazioni abitative di convivenza di coppia”. Ma il bisogno di vivere l’intimità con l’altro non riguarda solo le persone che vivono una relazione sentimentale. “Con loro si concorda che possono risparmiare dei soldi e usarli per incontrare donne o uomini pagando – conclude Ibertis – assicurandoci che siano persone che lavorano in casa e non per strada. Talvolta accompagniamo il paziente che lo richiede e lo aspettiamo fuori. Sembra poco ‘cattolica’ come visione e forse un po’ discutibile ma piuttosto che creare situazioni di pericolo si cerca di ridurre il danno e fare in modo che il bisogno fisiologico venga soddisfatto”.

 

L’importanza del dialogo sui temi della sessualità

Il compito di un’équipe che si occupa di assistenza a persone affette da disturbi psichiatrici non è quindi ostacolare la nascita di rapporti amorosi quanto piuttosto indirizzare gli utenti verso una sessualità consapevole e sicura. Fondamentale, in questo senso, è costruire un dialogo sereno e trasparente con gli utenti su temi come la contraccezione, il rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili, l’importanza di sottoporsi a visite specialistiche quando necessario. “Tutto viene vissuto in maniera estremamente naturale – racconta la psichiatra triestina Serena Goljevscek –  anche quando se ne parla nelle riunioni di équipe non è mai un problema, si agisce nell’ottica di dire che fa parte della vita, che noi operatori possiamo solo esserci se qualcuno ne esce col cuore spezzato. È un processo che fa parte del percorso di cura e autonomia, della presa in carico da parte dell’utente della propria sessualità e del proprio corpo”.

Un esempio lampante dell’importanza di instaurare un dialogo sul tema della sessualità riguarda poi il problema dei possibili effetti collaterali degli psicofarmaci. “Nella mia esperienza clinica i disturbi della sfera sessuale legati all’assunzione cronica di terapia farmacologica sono la causa principale di drop-out (n.d.r. interruzione prematura)”, sottolinea Goljevscek. “L’assunzione quotidiana di antipsicotici a medio dosaggio, ad esempio, può essere estremamente invalidante dal punto di vista della capacità sessuale, sia negli uomini che nelle donne. Nella fascia di età in cui la sessualità è una delle componenti più importanti della vita questa non è una cosa facile da mandar giù e rende complessa l’accettazione della malattia, della propria condizione”.

Nel caso di persone giovani, poi, questa discussione spesso deve, o dovrebbe, coinvolgere anche la famiglia. Può infatti capitare che il tema della sessualità sia affrontato con difficoltà dai genitori di una persona che soffre di un disturbo mentale, a loro volta portatori di sofferenze e preoccupazioni in merito al futuro del proprio figlio o della propria figlia. In questi casi, oltre alla disponibilità ad affrontare l’argomento, si cerca quando possibile di lavorare all’interno di gruppi familiari. “Qui in Friuli Venezia Giulia ce ne sono tantissimi – spiega Goljevscek – dove oltre a fornire una serie di nozioni nell’ambito della salute mentale ci si ritaglia anche una porzione di tempo per discutere della vita sessuale. Perché il rischio è che ci sia da parte della famiglia la paura di gravidanze inaspettate, di malattie o di tragedie legate a delusioni o aspettative mancate. Quello che si ripete ai familiari è che sono esperienze esistenziali che devono appartenere alla persona in quanto necessarie all’evoluzione, ai passaggi di vita di ciascuno di noi, al di là che una persona sperimenti o meno un disturbo mentale”. Esperienze queste che, se gestite in modo corretto dagli operatori e dai servizi, possono anche segnare un punto di svolta nel percorso terapeutico di una persona che fa esperienza della sofferenza mentale.

A due anni da quel viaggio notturno su un bus con destinazione ignota, S. è tornata a vivere con la propria famiglia. Si prende cura della madre malata di cancro in fase terminale e lavora in un bed&breakfast. Ha in programma di affittare, con l’aiuto dei genitori, un piccolo appartamento sul lungomare.

La storia di S., seppure ispirata a una vicenda reale, è stata modificata ai fini della narrazione.

Questo articolo fa parte di una serie dal titolo “Mind the GAP. Che genere di Salute Mentale?”, un progetto di Think2it realizzato con il supporto di