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Photo by Tullio Saba /

A scuola di educazione sessuale, su Instagram


Lo scorso settembre sono iniziate le riprese della terza stagione di Sex education, serie targata Netflix  che vede come protagonista Otis – interpretato dal britannico Asas Butterfield (Il bambino con il pigiama a righe) – un adolescente comune se non fosse che Jean, sua madre – la straordinaria Gillian Anderson (X-Files) –, è una terapista del sesso di fama nazionale. Il lavoro di Jean ha avuto un’influenza sul giovane Otis tanto da spingerlo a diventare lui stesso un terapista del sesso per i suoi compagni di liceo, grazie alla spiccata sensibilità al tema.

Rispondendo alle domande di The Guardian, oltre a raccontare quanto sia emozionante incontrare altri ‘Asas’ nel mondo, Asas Butterfield ha spiegato che “[Sex education] diffonde messaggi positivi e apre conversazioni importanti riguardo la sessualità, il corpo e la salute mentale. È sempre difficile per genitori e figli parlare di queste cose. (…) Vorrei che una serie così fosse uscita quando ero adolescente io. Le persone che l’hanno vista mi hanno detto quanto li abbia aiutati, sia per fare coming out con i genitori sia per aumentare la fiducia in loro. Rassicura le persone del fatto che non sono sole, o strane”.

Le persone hanno un disperato bisogno di un’educazione sessuale accurata e inclusiva.

A prendere spunto dal personaggio iconico della madre di Otis, Jean, è stata la psicologa e educatrice sessuale Francesca Inghirami creando il profilo Instagram di educazione sessuale @thenewdoctorjean, per approfondire argomenti quali l’orientamento di genere, la sessualità, la conoscenza del proprio corpo e molto altro. Il profilo della psicologa in nemmeno un anno di attività è cresciuto moltissimo e, se inizialmente riscontrava distacco, racconta che “nel giro di poche settimane i followers sono aumentati e sono arrivate anche le prime soddisfazioni: i ragazzi hanno iniziato a fare molte domande e ad apprezzare i contenuti che pubblicavo”. L’obiettivo è “rendere partecipe una fetta di popolazione dell’importanza che ha la sfera sessuale, non solo in termini di attenzione al rischio (gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili) ma anche per incentivare un atteggiamento positivo verso la sessualità”. In linea con quanto suggeriscono gli Standard per l’Educazione Sessuale in Europa , ovvero che vi sia “una concezione olistica dell’educazione sessuale, che comprende non solo la semplice prevenzione dei problemi di salute, ma si focalizza anche sulla sessualità come elemento positivo del potenziale umano e come fonte di soddisfazione e arricchimento nelle relazioni intime”.

Un’assenza da colmare

In Italia l’educazione all’affettività e alla sessualità non fa parte del curriculum scolastico. Spiccano iniziative virtuose organizzate dai docenti e molto spesso dagli stessi alunni, ma sono casi isolati. Pertanto, la fame di sapere viene accolta da Internet, dalla pornografia (con il senso di inadeguatezza che ne deriva) e, nel migliore dei casi, incontra psicologi esperti della salute sessuale che rispondono tramite i profili Instagram dedicati. E le domande spesso sono 500 al giorno, come racconta Daniel Giunti, psicologo, sessuologo, presidente del Centro Integrato di Sessuologia Clinica “il Ponte” e creatore di @sessuologia, la pagina Instagram più seguita nell’ambito dell’educazione sessuale con oltre 420 mila followers. Daniel cura personalmente la pagina perché ci tiene a sottolineare che “quella della sessualità è una materia delicata e bisogna avere una certa professionalità per poterne parlare, si potrebbero veicolare dei messaggi scorretti anche in buona fede”.

A muoversi seguendo la stessa passione è anche la psicologa ed esperta in sessuologia clinica Veronica Cicirelli. Anche Veronica cura con grande impegno un pagina Instagram, @psicosessuologia_online, che lei stessa definisce “un piccolo paesino” per il numero di followers che interagiscono. “Spesso i social network sono denigrati – racconta – perché non sembrano delle piattaforme istituzionali, ma sono un mezzo ottimo per veicolare informazioni giuste. Psicosessuologia è nata proprio dall’idea di creare uno spazio di ascolto e di accoglienza per chiunque fosse interessato a informarsi e a scoprire qualcosa in più su sé stesso o sugli altri”. Accade spesso che molte persone “si riconoscano nei temi che affronto e si sentano meno sole e il pensiero di non sentirsi soli ridimensiona positivamente il problema”.

Veronica ci racconta anche della sua esperienza in una terza media di un istituto romano, in cui “l’imbarazzo [degli adolescenti] in realtà dura pochissimo, quando vedono quanto io sia aperta nell’ascoltare qualsiasi tipo di domanda si tranquillizzano e si lasciano andare, sentono quanto io sia predisposta nei loro confronti”. Le lezioni vedono il pieno appoggio e la partecipazione attiva dei docenti e toccano diverse aree, ci spiega. Prima di tutto, “ci tengo a dare una base scientifica, spiegando come siamo fatti, quali sono le malattie sessualmente trasmissibili, quali i contraccettivi e per stemperare un po’ sfatiamo alcuni miti”. Le lezioni poi affrontano temi come il cyberbullismo, legato anche al revenge porn, si parla di ciò che si può celare dietro lo schermo, nelle chat dei giochi online. Poi, un’ultima parte è dedicata interamente alla sfera psicoaffettiva della sessualità e tra le tantissime domande che arrivano all’esperta di sessuologia, sia anonimamente sia in modo diretto, una in particolare apre a diverse riflessioni: “E se fossi curioso di esplorare una persona del mio stesso sesso, che cosa dovrei fare?” Forse è questo il momento della lezione più stimolante, “quando arrivo a scuola con l’intenzione di andare avanti con il programma e invece passiamo due ore a rispondere alle domande, tante erano”.

 

Il tabù del sesso

“È a scuola che si diventa cittadini del futuro” sosteneva Michela Marzano, filosofa e politica, parlando dell’importanza dell’educazione sessuale a scuola. “Bisogna dare ai bambini degli strumenti per costruirsi, per affrontare le difficoltà della vita. Questo è il compito della scuola. D’altra parte, la pratica sessuale appartiene alla sfera privata. Per quanto riguarda invece il rispetto dell’orientamento sessuale è un discorso pubblico” affermava Marzano. Per questo, “noi dobbiamo insegnare il rispetto di ciò che siamo nonostante le nostre differenze”.

Ne discuteva con Giulia Bosetti in un’intervista per la puntata di Presa Diretta, programma giornalistico presentato da Riccardo Iacona, dedicata al “Tabù del sesso” in Italia, che vale la pena recuperare. La Rai per l’occasione la spostò in seconda serata (e anche la messa in onda della replica prevista per il sabato pomeriggio, per essere sicuri). Riguardo la decisione della Rai, Iacona ammise: “Una decisione che non condivido perché a mio modestissimo parere questo è un reportage che andrebbe visto da tutti, genitori e figli insieme, talmente è pedagogico”.

Salute sessuale

Ma l’importanza dell’educazione sessuale nelle scuole tocca anche la salute degli adolescenti. Nel rapporto Policies for Sexuality Education in the European Union, pubblicato dalla Direzione generale per le politiche interne del Parlamento Ue, si legge: “Gli esperti hanno affermato in numerosi studi e rapporti che un’educazione sessuale insufficiente porta a un aumento del tasso di gravidanze in età adolescenziale e a una maggiore quantità di persone che soffrono di Aids e malattie sessualmente trasmissibili”. Lo conferma anche un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità da cui emerge che le infezioni sessualmente trasmesse sono aumentate del 40 per cento negli ultimi 27 anni, in particolare l’impennata dei casi di infezione riguarda la Chlamydia trachomatis, soprattutto nei giovani tra i 15 e i 24 anni. Per quanto riguarda l’Hiv, appare in diminuzione da qualche anno. Lo psicologo Daniel Giunti sottolinea che il virus Hiv, nonostante sia ancora molto diffuso, non implica cambiamenti nello stile di vita, se non si considera la terapia, che è fondamentale. “Negli ultimi 20 anni è molto cambiato il trattamento per l’Hiv, le persone sieropositive hanno un’aspettativa di vita standard e una carica virale azzerata, purtroppo però lo stigma che accompagna questa condizione ancora persiste”.

E se fosse troppo presto?

“Domandarsi se è troppo presto significa quasi sempre arrivare a parlarne troppo tardi”, scrive Fabio Veglia, professore di Psicologia clinica all’Università di Torino, nel Manuale di educazione sessuale. Come spiega anche la psicologa Francesca Inghirami, “molto spesso si ha l’idea che, se ne parliamo, i ragazzi vadano incontro ai primi rapporti sessuali troppo presto. In realtà le evidenze ci dicono che gli studenti che hanno ricevuto un’educazione sessuale hanno sia meno gravidanze indesiderate sia meno malattie sessualmente trasmissibili”. Inoltre, si verificano meno fenomeni di bullismo, meno fenomeni legati agli stereotipi di genere nei confronti di persone che hanno difficoltà nel capire quale sia la loro identità, spiega Inghirami. “Se l’educazione sessuale iniziasse, come suggeriscono le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, a partire dai 3 anni, tanti dei problemi legati al bullismo, al cyberbullismo e alle idee sui ruoli e sugli stereotipi potrebbero essere ridotti”.

Gli studenti che hanno ricevuto un’educazione sessuale hanno sia meno gravidanze indesiderate sia meno malattie sessualmente trasmissibili.

Per esempio, gli haters che si scagliano contro chi gestisce questi profili Instagram, come racconta Veronica Cicirelli, rimangono ancorati al maschilismo, “non sono soltanto odiatori e basta, sono sicuramente persone che non hanno ricevuto un’educazione sessuale. Si esprimono manifestando tabù culturali e sociali che ancora ci portiamo dietro”. Generalmente le persone che seguono i profili Instagram che trattano temi come la parità di genere, l’educazione sessuale, l’orientamento di genere sono persone aperte, interessate e con un atteggiamento positivo. “Sul resto rimane un lato oscuro” afferma Francesca Inghirami, per questo è così importante intervenire nelle scuole, “perché si prende tutta la classe, a partire da chi può avere una mentalità più aperta e un atteggiamento positivo, fino a chi è cresciuto all’interno di una famiglia religiosa dove l’orientamento sessuale è (per forza) eterosessuale. Si prende tutto il pacchetto”.

Sicuramente non è troppo tardi

Gli esperti, gli influencer, o più semplicemente le pagine Instagram da seguire sono tante. Nate seguendo anche interessi diversi dalla formazione, spesso parlano di attività sessuale, di autodeterminazione, di sessualità, combattendo anche con le restrizioni sull’uso di linguaggio esplicito. Insomma, un gran numero di educatori sessuali sta usando Instagram per colmare quel divario tra le aspettative irrealistiche diffuse dalla pornografia e la disinformazione. Come afferma Erica Smith, educatrice sessuale con 20 anni di esperienza, in un’intervista per il magazine britannico New Statesman: “Questa comunità online funziona bene perché le persone hanno un disperato bisogno di un’educazione sessuale accurata e inclusiva”. Su Instagram, dice, “le persone possono accedere alle informazioni gratuitamente e in modo discreto. (…) Così tante persone dicono di essere sconvolte dalle cose che stanno imparando, e sono anche arrabbiate perché gli è stato negato l’accesso a queste informazioni all’inizio della loro vita”.