Assieme all’inquinamento ambientale dovuto alle attività produttive delle industrie presenti sul territorio, anche lo smaltimento dei rifiuti ha costituito sempre una grande preoccupazione per chi vive a Colleferro. A metà degli anni Novanta, quando cominciano a emergere i primi sospetti sugli smaltimenti sospetti da parte dell’industria, nascono a Colleferro il sito di Colle Fagiolara e, poco più tardi, le due linee di incenerimento di Colle Sughero. Chi viveva a Colleferro sentiva già tutto il peso e la preoccupazione per le pressioni ambientali, da cui cominciava a nascere e crescere una sensibilità ambientalista e un movimento dal basso. Dopo la fine della grande industria e lo spopolamento, la cittadina avrebbe potuto trasformarsi scegliendo un percorso di sviluppo e sostenibilità, ma lì come nella Valle del Sacco si è preferito investire sui rifiuti. Nei primi anni duemila gli inceneritori e la discarica andavano a pieno ritmo: un segnale chiaro di una scelta nichilista. Di lì a poco la contaminazione da beta-esaclorocicloesano avrebbe acceso i riflettori sulla questione ben più complessa e articolata dell’inquinamento ambientale in quei territori.
“Anche lo smaltimento dei rifiuti ha costituito sempre grande preoccupazione per chi vive a Colleferro”
Accanto agli operai e ai funzionari della Asl, a fare la storia di Colleferro ci sono anche gli allora studenti dell’Unione giovani indipendenti (Ugi). Nata a Colleferro come movimento studentesco il 23 Novembre 2005 e costituitasi associazione due anni dopo, l’Ugi si prefigge lo scopo di coinvolgere e sensibilizzare la popolazione sulla drammatica situazione ambientale di Colleferro e di alcuni comuni lungo il fiume Sacco. Per creare una coscienza critica sulle tematiche sociali e ambientali, gli studenti dell’Ugi erano attivi ai tempi della contaminazione da beta-esaclorocicloesano. Quando fu dichiarata l’emergenza sociosanitaria nella Valle del Sacco per Colleferro, Segni e Gavignano in provincia di Roma, Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo e Supino in provincia di Frosinone che ha poi portato alla definizione del Sin Valle del Sacco, Fiorella Fantini, della Asl Roma 5, ricorda come questi ragazzi, piazzati davanti al Municipio, fossero l’incubo dell’allora sindaco. Non sono solo i giovani, ma è la popolazione tutta che comincia a organizzarsi intorno al tema dell’inquinamento dei territori della Valle: ReTuVaSa nasce nel 2008 dalla sinergia di cittadini di Colleferro, Anagni e Ferentino, sensibili alle tematiche ambientali, pacifiste e sociali; Rifiutiamoli, invece, movimento che riunisce associazioni, comitati ambientalisti e cittadini, nasce per dire ‘no’ agli inceneritori e il nome stesso rappresenta le aspettative dei residenti sui due inceneritori di Colle Sughero e sulla discarica di Colle Fagiolara. Ma procediamo con ordine.
Di anime ambientaliste e di cuori spaccati
“Il movimento ambientalista era ampio e non c’erano dei limiti alla partecipazione”, racconta Giulio Calamita, parte di quel movimento studentesco e oggi vicesindaco di Colleferro, al secondo mandato. “La partecipazione sociale che è stata diffusa a tantissimi livelli, si è poi diffusa in tutta la città e in tutto il territorio: l’associazione (Ugi, ndr) era una cosa ampia, non una cosa riconducibile solo a Colleferro. Quando siamo diventati amministratori si è creata una sorta di conflittualità, una frattura: non è facile mantenere lo spirito dell’associazione che protesta quando si tratta di farlo contro i tuoi amici”, continua il vicesindaco. Il mondo della pubblica amministrazione è complesso, fatto di regole e tempi che non sono compatibili con la richiesta urgente dell’attivismo dal basso, di cui è stato parte attiva fino alle elezioni. “Se avessimo continuato a guardare il mondo della pubblica amministrazione con gli occhi degli attivisti probabilmente non avremmo fatto nulla”, continua Calamita. “E quando ci siamo insediati erano due le grossissime sfide che avevamo in campo: chiudere la discarica e gli inceneritori”.

Così, con queste premesse, Pierluigi Sanna e Pierluigi Calamita, studenti attivisti dell’Ugi, si insediano a Colleferro a maggio del 2015, per la prima volta come sindaco e vicesindaco; riconfermati nel 2020, e ancora in carica. Per i primi tre anni di mandato l’amministrazione ha camminato su un percorso parallelo all’ambientalismo, due strade che non si sono toccate per tantissimo tempo fino alla manifestazione delll’8 luglio del 2017, una tappa fondamentale di un percorso di ferma opposizione contro il rilancio, attraverso il riammodernamento, “revamping”, degli inceneritori. La battaglia per cercare di spegnere gli inceneritori è così articolata da meritare di essere raccontata.
Rifiutiamoli: no agli inceneritori di Colle Sughero
Siamo nel 2017. Se a Colle Sughero sembra tutto pronto per l’ammodernamento degli inceneritori, presso il quartiere Scalo si insedia Rifiutiamoli, un presidio di cittadini, nella piazza antistante la chiesa di San Gioacchino, all’inizio della via Cesare Battisti, proprio quella che porta agli inceneritori. Rifiutiamoli ha organizzato un picchetto permanente per evitare che i pezzi necessari alle operazioni di ripristino delle caldaie degli inceneritori giungano a destinazione: mesi di presidio di una parte nutrita dei cittadini di Colleferro che riesce a ostacolare il passaggio dei camion con i materiali destinati ad ammodernare gli inceneritori. Il presidio è sotto un gazebo, a pochissimi metri da dove, nella canonica della chiesa, anche il sindaco Pierluigi Sanna ha simbolicamente spostato il suo ufficio con il medesimo scopo: ottenere per iscritto da Regione Lazio e Comune di Roma il cambio di rotta sul cosiddetto “revamping”.
“Il movimento ambientalista era ampio e non c’erano dei limiti alla partecipazione”
“L’8 luglio 2017 Rifiutiamoli organizza una manifestazione dicendo che è meglio che non vengano gli amministratori, nonostante noi avremmo portato tutta la Valle del Sacco a dire di no agli inceneritori e che se fossimo andati ci saremmo dovuti mettere per ultimi”, racconta il vicesindaco. Il corteo è autorizzato fino a Piazza San Gioacchino, eppure a un certo punto una parte dei manifestanti del corteo decide di andare a dimostrare pacificamente sotto l’inceneritore, nonostante la polizia abbia dichiarato di doversi fermare alla Chiesa. La tensione è alta, ma si trova una mediazione: una delegazione di un centinaio di persone, sindaci compresi, potrà giungere fino a davanti ai cancelli degli impianti; sindaco e vicesindaco aprono la manifestazione.
Aprono il corteo alcuni “facinorosi con le fasce da sindaco” per riprendere le parole scherzose con cui Alberto Valleriani ci racconta di quella manifestazione e descrive quello che stava accadendo. “Questa frase la utilizzai in quella manifestazione: avevo il megafono in mano e improvvisamente vidi i sindaci in fila che partecipavano. Pensai fosse una cosa molto importante e credo che la presenza di 13 sindaci o rappresentanti delle amministrazioni locali a manifestare insieme a noi sia stata una delle armi vincenti, perché in quel momento si andava a rappresentare l’unione tra il bisogno dei cittadini e l’interesse politico”, continua Valleriani.

Gli attivisti erano convinti che quella partita fosse persa. Ma anche l’amministrazione, che proveniva da una storia di lotta, lavorava parallelamente per chiudere la discarica e gli inceneritori e aveva utilizzato lo stesso sistema di condivisione e partecipazione maturato durante l’esperienza con la Ugi, non più con i membri della città ma con i sindaci. Nel 2014, dopo l’incendio in discarica, era nato il coordinamento dei Sindaci della Valle del Sacco, in cui questa amministrazione si è potuta inserire, dopo essersi insediata. Oltre al sindaco e vicesindaco di Colleferro, hanno partecipato di fatto a questa manifestazione i sindaci (o loro rappresentanti fasciati) di Anagni, Artena, Carpineto Romano, Cave, Ceprano, Colleferro, Gavignano, Genazzano, Gorga, Labico, Olevano Romano, Paliano, Piglio, San Vito Romano, Segni, Serrone, Valmontone. “Le associazioni possono arrivare da sole e la spinta dal basso è fondamentale, perché se la politica non riceve la spinta dal basso non ha lo stimolo per fare anche pressioni politiche; questo è stato invece l’elemento vincente, anche per gli inceneritori: è stata affidata al bando di gara la loro dismissione quindi il cerchio si è chiuso”, continua Valleriani.
Colleferro scalo, dove le anime della comunità confluiscono
Quello di ReTuVaSa è un percorso che dura da anni, durante i quali le istanze di questa Rete hanno avvicinato sempre più persone: stringere le relazioni è stato fondamentale per dare concretezza alla sensazione di appartenere a una comunità. “Quando abbiamo insediato il presidio a Colleferro scalo inizialmente ci guardavamo un po’ di traverso”, racconta Valleriani. Lo scalo è sempre stato considerato una periferia di Colleferro, mentre è il primo quartiere da cui nasce la città. A separare lo scalo da Colleferro solo un lungo ponte che sembra quasi fisicamente sancire la divisione tra lo scalo e la città. Da lontano si intravedono i comignoli grandi e minacciosi del cementificio.

Durante la manifestazione tutti i residenti dello Scalo si sono messi a servizio del presidio, con cibo e tè caldo, ognuno secondo le proprie tradizioni. “C’era anche una folta comunità musulmana che ha partecipato in modo inaspettato”, racconta Alberto. “Quel portarci il tè tutti i giorni alle cinque, per riscaldarci, era un gesto importante, che ci dava la misura di come avevamo compreso che stavamo lottando per delle cose giuste e per delle cose per tutti. Si stava andando tutti insieme nella giusta direzione creando rapporti che sono rimasti, unendo e affratellando le comunità”.
Costruire un rapporto di fiducia con le amministrazioni e gli enti di ricerca
Da quel momento questo gruppo di cittadini attivi ha continuato a fare, anche sopra le righe, ma sempre all’interno di un progetto strutturato e concertato, cercando sempre di ricostruire e comprendere tutto il contesto per spiegare ciò che stava emergendo sui loro territori. Dal 2005 si è cominciato a parlare di una situazione di emergenza e della bonifica del Sin, quindi ci si è concentrati per capire tutto quello che riguardava l’impatto sulle persone e sulla salute, ma anche tutto ciò che riguardava gli aspetti economico-giudiziari, per cercare di comprendere e affrontare le diverse sfaccettature che caratterizzano le lotte ambientali. Nel parlare con Alberto Valleriani, nel frequentare Colleferro, è chiaro il ruolo che può avere la cittadinanza nell’attivare il cambiamento e che non prescinde mai dal desiderio autentico di comprendere il dato scientifico. Le questioni ambientali che insistono su questi territori sono tantissime, in questa intervista video abbiamo parlato con Alberto di quanto sia stato centrale il dialogo con chi fa ricerca su questi temi.
“Si è partiti dalla mancanza di informazioni per arrivare poi al desiderio di capire fino in fondo le informazioni che erano disponibili”, spiega Alberto Valleriani. “Un lavorio lento ai fianchi con la Regione e gli enti di ricerca per arrivare poi a costruire anche con loro, come era accaduto con le amministrazioni, un rapporto di fiducia”. Questo, anche nei momenti di maggiore risonanza mediatica dei fatti della Valle dei veleni, ha reso gli attivisti di ReTuVaSa degli interlocutori credibili, con un background storico di conoscenza del territorio e delle sue problematiche. “Paradossalmente gli enti di ricerca sono quelli più aperti a costruire un progetto comune e sono per noi fondamentali anche per decodificare i dati, come i risultati di un’indagine epidemiologica”. La popolazione vuole capire e spesso utilizza ReTuVaSa come fonte di informazione per la decodifica di alcuni messaggi che arrivano dalla ricerca. Spesso alla cittadinanza arrivano messaggi contrastanti e sbagliati ed è come se l’associazione avesse la responsabilità del fact checking, di verifica delle fonti per smascherare le false notizie, quella di restituire alla cittadinanza, di cui è parte attiva, l’informazione più corretta possibile, scevra dalle mistificazioni che spesso la politica opera per fini che vanno al di là della salute della popolazione.
Sono diverse le criticità ambientali che insistono ancora oggi sui diversi territori del Sin. Colleferro, Anagni, Ferentino, Ceprano, Ceccano… ognuna delle persone che abbiamo incontrato attraversando questi territori ci ha restituito uno sguardo diverso su come percepisce il rischio per la propria salute. A suo modo, ognuna delle storie racconta come per la cittadinanza formarsi e informarsi su questioni scientifiche, che hanno un impatto sulla vita quotidiana e sulla salute, significhi produrre un cambiamento, ma anche di come chi fa ricerca possa inserirsi nei processi di informazione dell’opinione pubblica, alimentando un processo virtuoso e osmotico, di scambio e arricchimento reciproco.
Questo post è il secondo di una serie sulla Valle del Sacco. La prima uscita puoi leggerla qui “Valle del Sacco: una storia di fossi, interramenti e smaltimenti sospetti”.