Era il luglio del 1986 quando la rivista Annals of Internal Medicine, organo ufficiale dell’American College of Physicians, pubblicò il primo di una serie di sei articoli intitolata “How to keep up with the medical literature” (Come mantenersi al passo della letteratura in medicina, ndr). Internet era ancora un miraggio e la documentazione era ricercabile tramite servizi come Medlars (per le fonti indicizzate in MedLine) e poi su CD-ROM che si aggiornavano periodicamente ogni tre mesi.
La serie suggeriva di leggere articoli originali: i soli in grado di fornire sufficienti dettagli per capire la reale utilità e validità dei contenuti e la possibilità di applicarli correttamente alla pratica clinica. Meglio evitare, quindi, rassegne, editoriali e fonti secondarie e concentrarsi esclusivamente sulla propria attività clinica: se sei un pediatra leggi solo di pediatria, se sei un cardiologo interventista leggi solo di cardiologia interventistica. Infine, la serie degli Annals of Internal Medicine suggeriva di cominciare a leggere ogni articolo scientifico dalla sezione dedicata ai metodi, perché quella è la parte che permette di capire se vale la pena leggere il resto.
Ma era il 1986. L’Europa faceva i conti con le conseguenze dell’esplosione della centrale nucleare di Černobyl’ e gli appassionati di calcio avevano ancora negli occhi le giocate di Diego Armando Maradona ai mondiali di Messico ’86. I progressi, tecnologici e non solo, compiuti nel corso degli ultimi trentacinque anni hanno portato profondi cambiamenti nell’ambito della letteratura scientifica, favorendo una crescita esponenziale senza precedenti. Oggi le riviste indicizzate (inserite in un elenco internazionale in quanto ritenute rilevanti per il progresso scientifico) sono più di 33.000 e il loro numero cresce costantemente al ritmo del 3-4 per cento l’anno.
“Un tempo c’erano quattro o cinque riviste che i medici e gli infermieri tenevano sotto controllo mensilmente”, spiega Chiara Formigoni, documentalista membro del direttivo GIDIF-RBM, l’associazione dei documentalisti biomedici italiani. “Oggi non è più così. Il controllo delle riviste è l’attività che facevano i sanitari prima di Internet, andando in biblioteca e dedicando un po’ di tempo al mese a controllare gli indici. Il web ha ampliato il raggio di interesse. Le stesse banche dati indicizzano molte più riviste di una volta e i cosiddetti ‘core journal’ sono davvero tanti, non si può più dire ‘mi limito alle riviste del mio settore’ che siano indicizzate, peer review e con un impact factor. Un tempo se facevi questa triangolazione rimanevano poche riviste da leggere, oggi ce ne sono comunque molte”.
Orientarsi in questo oceano di pubblicazioni e mantenersi al passo delle conoscenze, quindi, è sempre più difficile. Per questo il ruolo dei documentalisti acquisisce sempre maggiore importanza, in quanto responsabili del processo di selezione delle riviste da includere ed escludere dagli archivi delle biblioteche biomediche e per le loro capacità di utilizzare i filtri di ricerca che permettono di individuare le fonti più adeguate sulla base degli interrogativi formulati dai medici. Queste competenze non solo permettono ai documentalisti di aiutare gli operatori sanitari in caso di problematiche di tipo clinico, ma rivestono un ruolo centrale anche nella definizione dello stato dell’arte circa un dato argomento oggetto di un progetto di ricerca. Per capire cosa è già noto e cosa deve essere ancora chiarito o scoperto.
I nuovi bisogni di aggiornamento degli operatori sanitari
Gli articoli della serie “How to keep up with the medical literature” sono oggi abbondantemente superati. Di fronte al continuo moltiplicarsi delle fonti, infatti, l’idea di affidarsi esclusivamente a quelle primarie sembra essere piuttosto limitante: oggi un singolo articolo può dire davvero poco su un dato argomento e qualsiasi decisione deve necessariamente basarsi su conoscenze ottenute dallo studio di un insieme di fonti. I sei contributi pubblicati dagli Annals of Internal Medicine introducevano però una distinzione che resta fondamentale quando si approfondiscono i modi dell’aggiornamento del medico: da una parte le conoscenze sullo sfondo (background knowledge) e dall’altra quelle in primo piano (foreground knowledge). Nel primo caso si fa riferimento a quelle informazioni che permettono ai clinici di costruirsi un set di competenze di base aggiornate circa la propria disciplina, mentre nel secondo si fa riferimento alla consultazione della letteratura scientifica per risolvere, al momento del bisogno, problemi clinici specifici.
I più anziani sono ancora propensi ad avere le proprie riviste sul tavolo, a portarsele a casa per leggerle dopocena, mentre i più giovani le hanno abbandonate.
“Oggi il bisogno di aggiornamento passa sempre più spesso da un quesito di background – sottolinea Formigoni – che può essere molto generale e generico e richiedere un tipo di documentazione particolare (ad esempio un e-book). Diverso è il caso in cui tale bisogno è calato in un contesto clinico assistenziale diagnostico e fa riferimento a una domanda specifica”. Insieme ai bisogni di aggiornamento, poi, il progresso tecnologico ha prodotto anche un cambiamento delle modalità attraverso cui i medici e gli infermieri possono ottenere le risposte che cercano. E, di conseguenza, anche il lavoro del documentalista biomedico. “Credo che dipenda molto dall’età”, sostiene Vania Sabatini, responsabile del centro operativo di coordinamento del Network bibliotecario sanitario toscano. “I più anziani sono ancora propensi ad avere le proprie riviste sul tavolo, a portarsele a casa per leggerle dopocena, mentre i più giovani le hanno abbandonate. Vogliono avere tutto e subito ed è quindi importante, ad esempio, fornire una rivista digitale accessibile da telefono”.
La consultazione delle fonti al letto del paziente: i point-of-care tools
Una delle grandi novità degli ultimi decenni nell’ambito dell’aggiornamento di medici e infermieri è stato l’arrivo dei cosiddetti point-of-care tools, ovvero i cosiddetti “strumenti utilizzabili al letto del paziente”. Si tratta di applicazioni e strumenti elettronici di supporto decisionale che forniscono risposte sintetiche, puntuali ed evidence-based a quesiti clinici specifici, spesso indicando per ogni risposta il livello di qualità delle evidenze scientifiche che la supportano. Alcuni esempi di questi prodotti finalizzati alla foreground knowledge sono UpToDate®, eMedicine, DynaMed e Clinical Evidence.
“In Italia dall’approvazione della Legge Gelli è obbligatorio applicare la filosofia delle prove di efficacia, quindi la preferenza tra studi primari e point-of-care tools è passata in secondo piano”, aggiunge Formigoni. “Anche questi strumenti devono guardare la letteratura evidence-based e, quindi, nella famosa piramide delle 5 “S” (modello che descrive l’evoluzione dei sistemi informativi utili a supportare decisioni cliniche sviluppato nel 2006 da Bryan Haynes, clinico della McMaster di Hamilton in Canada nonché autore del primo articolo della serie “How to keep up with the medical literature” citata in apertura, ndr) i point-of-care tools sono all’apice”.
La diffusione di questi strumenti è diventata negli ultimi anni sempre più capillare, con diverse Regioni e Asl che hanno scelto di fornire questo tipo di servizio che hanno scelto di fornire questo tipo di servizio ai medici e agli infermieri operanti presso le strutture e le istituzioni a cui fanno riferimento. Tra queste anche la biblioteca Alessandro Liberati del Servizio sanitario regionale del Lazio, nata nel 2014 come evoluzione della precedente biblioteca dell’agenzia di sanità pubblica, caratterizzata da un’impronta molto tradizionale e specialistica.
“Nel tempo abbiamo perso questa caratteristica”, racconta Simona Vecchi, ricercatrice del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario della Regione Lazio e curatrice della biblioteca. “Non forniamo più servizi tipici delle biblioteche tradizionali, ma abbiamo costruito una piattaforma che permette all’operatore sanitario di trovare informazioni aggiornate, di buona qualità metodologica e utili per la pratica clinica. Inizialmente è stato faticoso arruolare le Asl della Regione Lazio perché la nostra offerta era poco accattivante, poi è subentrato UpToDate che ci ha permesso di dare agli operatori sanitari uno strumento in più, un grande valore aggiunto che è stato molto apprezzato”.
Abbiamo costruito una piattaforma che permette all’operatore sanitario di trovare informazioni aggiornate, di buona qualità metodologica e utili per la pratica clinica.
La possibilità di ottenere, anche attraverso il proprio smartphone o un tablet, risposte immediate a specifici interrogativi clinici è poi particolarmente utile in quei contesti in cui la tempestività delle decisioni cliniche impatta in modo importante sugli esiti clinici. “Probabilmente le fonti primarie sono ancora le più usate in ospedali non di emergenza”, sottolinea Silvia Molinari, responsabile dell’ufficio formazione e della biblioteca scientifica della Fondazione IRCCS Mondino di Pavia. “Ma negli ospedali dotati di Pronto soccorso o medicine interne acute il personale è più propenso all’utilizzo dei point-of-care tools. È anche un fatto generazionale: i giovani hanno meno pregiudizi e sono più propensi ad utilizzare strumenti di questo tipo per una maggiore dimestichezza verso le nuove tecnologie”. “Dipende da quello che si deve fare – aggiunge Sabatini – quando si è al letto del paziente un point-of-care tool è l’ideale perché di ottenere risposte immediate, che possono poi essere approfondite consultando le fonti primarie”.
Il ruolo del documentalista, dalla selezione delle fonti alla formazione
Le ragioni per cui i documentalisti svolgono un ruolo fondamentale nel garantire l’accesso alle migliori informazioni disponibili in letteratura scientifica sono principalmente due. Se da un lato quasi sempre medici e infermieri non dispongono del tempo necessario per selezionare correttamente le fonti utili a garantire loro adeguate background e foregorund knowledge, dall’altro essi semplicemente non sono formati per farlo. Sono pochissime le facoltà di medicina o le strutture mediche che prevedono nella loro offerta formativa dei corsi finalizzati a fornire agli operatori sanitari competenze in tema di valutazione critica.
“Spesso riceviamo richieste di articoli che in realtà noi forniamo e che sono già disponibili online. Solo che sbagliando l’interrogativo di ricerca i medici non riescono a trovarli”, conferma Loriana Maimone Ansaldo Patti, responsabile U.Org. Servizi bibliotecari di Polo e Centro di documentazione europea dell’Università degli studi di Messina. “In generale l’utilizzo delle banche dati per le ricerche bibliografiche è ancora abbastanza empirico – aggiunge Molinari – nonostante i bibliotecari facciano sensibilizzazione in tal senso. L’impostazione user friendly delle stesse porta spesso a un utilizzo ‘senza metodo’. E laddove non si arriva al risultato voluto si richiede, per fortuna, supporto al bibliotecario/documentalista”.
In alcuni casi, quindi, il lavoro del documentalista consiste nel formare i medici al fine di renderli in grado di cercare autonomamente le informazioni di cui hanno bisogno, attraverso una ricerca bibliografica o l’utilizzo di un point-of-care tool. “Organizziamo molti corsi per spiegare come funzionano PubMed e la Cochrane Library e su quali sono le modalità di interrogazione. Sono anni che utilizziamo questo approccio con l’utente finale”, spiega Moreno Curti, responsabile del servizio di documentazione e biblioteca scientifica dell’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia e coordinatore del sistema nazionale Bibliosan.
Con l’impressionante evoluzione dell’offerta informativa avvenuta negli ultimi decenni nel campo della letteratura scientifica, anche il ruolo del documentalista si è progressivamente evoluto. Se un tempo la sua principale mansione era costituita dalla ricerca bibliografica, oggi il lavoro del documentalista include anche altri compiti, dall’individuazione degli strumenti di supporto decisionale più adeguati alla formazione degli operatori sanitari. Un’evoluzione, questa, che ha subito una brusca accelerazione nel corso degli ultimi due anni, con l’arrivo della pandemia di covid-19 a stravolgere ulteriormente il mondo della produzione scientifica.
Si ringrazia Wolters Kluwer-UpToDate per aver favorito i contatti con documentalisti e bibliotecari.